Salario minimo: dove sta l'inganno?

Con i processi tecnologici, oggi potremmo lavorare 6 ore al giorno, 30 a settimana e andare in pensione a 60 anni ma i frutti della innovazione tecnologica non sono destinati a migliorare le condizioni di vita e di lavoro ma all'incremento dei profitti.
Da anni ormai siamo in presenza di cambiamenti legislativi che hanno distrutto tutele collettive e individuali, le politiche salariali intraprese hanno indebolito il potere di acquisto, gli spazi di democrazia sono sempre piu' ridotti.

L’innovazione tecnologica sembra quasi avere prodotto l'effetto opposto di quello sperato accrescendo lo sfruttamento e alimentando la precarietà.

La crescita della produttività  non sembrerebbe da tempo portare miglioramenti al tenore di vita, lo dimostra l'indebitamento della famiglia media, la precarietà lavorativa e soprattutto l'aspettativa di vita la cui crescita si è fermata. I margini di profitto sono diminuiti, qualcuno ricorderà l'analisi marxiana, resta il fatto che negli ultimi lustri il tenore di vita non cresce piu' ai livelli dei trenta anni gloriosi.

Il vero problema oggi è la  incapacità  non tanto di leggere ma di interiorizzare la trasformazione avvenuta che ha determinato l'avvento del lavoro gratuito limitando l'accesso alla istruzione di ogni ordine e grado tanto è vero che l'analfabetismo di ritorno sta dominando nei paesi a capitalismo avanzato. La tecnologia cresce di importanza ma allo stesso tempo le classi sociali meno abbienti presentano anche un deficit culturale, la bassa scolarità è sinonimo di povertà, di degrado sociale. Le classi sociali meno abbienti sono quelle con minore istruzione e la mobilità sociale è decisamente inferiore da quando hanno preso il sopravvento le teorie economiche liberiste e la dittatura dello spread.
Ma come dicono i fautori del libero mercato esiste una tecnologia neutra? No, la tecnologia è piegata a fini capitalistici tanto che oggi rende possibile la permanente connessione tra clienti e produttori, non ci sarà piu' bisogno di andare a un ipermercato a fare la spesa perchè ci porteranno a casa il cibo spazzatura, magari potremo acquistare a pochi euro dei vestiti perchè indossandoli sponsorizzeremo un marchio.

Il mercato digitale si avvale a sua volta di lavoro ad alto tasso di sfruttamento e di delocalizzazioni, anche l'acquisto di una macchina potrà diventare presto una non necessità perchè ci sarà qualche noleggio, lo stesso dicasi per la prima casa che ha rappresentato per decenni il sogno dell'italiano medio. E' il capitalismo delle piattaforme che permette a delle case di produrre reddito ma allo stesso tempo distrugge innumerevoli professionalità e figure lavorative creandone altre sottopagate, tecnologiche e precarie. E in questa ottica il salario minimo diventa una necessità per il capitalismo digitale, in assenza di lavoro per tutti\e, diventa fondamentale un reddito minimo e allo stesso tempo la cancellazione dei contratti nazionali di lavoro stabilendo un salario minimo che poi determinerà alienazione e perdita di tanti diritti.
Il lavoro nell'epoca digitale è con pochi diritti, il contratto nazionale destinato ai minimi termini, la condizione di lavoratore subordinato negata per sfruttare meglio la forza lavoro. Anche per questo parlare oggi di lavoro autonomo e subordinato ha poco senso ma va detto con estrema chiarezza che tutto nasce dalla negazione della natura subordinata di tanti lavori che subordinati sono a tutti gli effetti. E a tale scopo arrivando i giuristi servili e le sentenze favorevoli al capitalismo digitale, le carte dei diritti al posto dei contratti , il cliente a sostituire nell'immaginario collettivo il lavoratore o perfino il cittadino. Il lavoratore autonomo diventa la figura dominante ovviamente viene enfatizzata partendo dalla negazione del carattere subordinato di tanti lavori.
Dopo avere cancellato il ruolo dello stato nell'economia e criminalizzato l'investimento pubblico per rilanciare la domanda, oggi anche il contratto nazionale rischia di andare in soffitta favorendo, nell'ottica del libero mercato, l'incontro senza mediazione (ossia un sistema di regole rappresentato dal diritto del lavoro e dal contratto nazionale)  tra domanda e offerta

Il modello da seguire, tanto per cambiare, è quello già sviluppato negli Usa dove da decenni esiste il minimo retributivo  che poi cambia a seconda degli Stati, della attività svolta, delle dimensioni del datore di lavoro, non esiste neppure una retribuzione minima valida per tutto il paese a seconda del lavoro svolto. Non esistono piu' diritti inalienabili ma la libera contrattazione che poi libera non è perchè sancisce solo il diritto del piu' forte a imporre le sue regole sul piu' debole.

Il capitalismo digitale porta con sè l'idea che ogni rivendicazione di diritti reali sia un impedimento al mercato e alla tecnologia, non parlano piu' di progresso perchè ormai non esiste l'idea di un domani radioso sancito dalle piattaforme. Il salario minimo allora diventa la ricetta con la quale sostituire i contratti nazionali e dividere la forza lavoro, allo stesso tempo invece del lavoro si pensa alla distribuzione di reddito, giusto per tenerci vincolati alla società del ricatto nella veste di consumatori acritici e passivi

FEDERICO GIUSTI REDAZIONE PISANA