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Disuguaglianze e miseria nel mondo del lavoro. Ma il reddito di inclusione?

disuguaglianze-sociali

Il Governo Draghi è stato di parola e ha deciso di non allargare la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza che va invece verso il progressivo ridimensionamento perché tra le indicazioni della Bce all'Italia ci sta proprio la riscrittura del welfare per favorire invece le cosiddette politiche attive del lavoro. Ma così facendo, cancellando il reddito di cittadinanza, si vanno ad escludere da ogni forma di reddito settori ampi della popolazione italiana.

Il coronavirus ha accentuato le disuguaglianze anche all'interno del mondo del lavoro, disuguaglianze tra lavoratori a tempo determinato o precari e a tempo indeterminato, tra italiani e stranieri. Questi ultimi hanno perso il lavoro più degli italiani e chi l’ha mantenuto ha dovuto subire il deterioramento delle condizioni di vita. Negli ultimi 30 anni la percentuale dei super ricchi è diminuita ma nelle loro mani è conservata gran parte della ricchezza prodotta come si evince anche da una ricerca condotta dalla rivista on line liberal la voce.info.

Il problema, sia ben chiaro, non è solo la lotta alle disuguaglianze che viene visto come soluzione dei problemi strutturali interni al capitale, le disuguaglianze vanno sempre combattute ma si dimentica al contempo di contrastare seriamente l'aumento della povertà a cui si aggiunge la proletarizzazione dei ceti medi e la perdita occupazionale e di potere di acquisto di ampi settori lavorativi.

La forza lavoro immigrata è passata da 4 milioni e 60 mila nell'autunno 2019 a 3 milioni e 963mila cittadini nel secondo trimestre 2020, dati forniti da Lavoce.info

Trattasi di lavoratori spesso a tempo e con contratti precari non confermati in tempi pandemici.
Ci sono decine di migliaia di badanti a casa in attesa che venga conclusa la vaccinazione degli anziani, molte delle badanti risultano prive di regolare contratto, domina nel settore il lavoro nero, sono a casa senza alcun ammortizzatore sociale, poi non mancano casi, sono centinaia, di lavoratrici costrette a far ritorno nel paese di origine.
Gli stessi dati sui permessi di soggiorno vedono un sensibile calo degli ingressi per lavoro stagionale pari al 65,1 per cento nel primo semestre 2020 (Istat, 2020).
Il blocco dei licenziamenti è servito per salvaguardare l'occupazione per i contratti a tempo indeterminato ma sono mancate tutele effettive per la forza lavoro precaria, un reddito di inclusione sarebbe stato di grande aiuto a salvaguardia del potere di acquisto.

E a tal riguardo rinviamo a https://dagliano.unimi.it/wp-content/uploads/2021/02/Oss_Mig_5_Report.pdf

Le disuguaglianze sono cresciute a dismisura in tempi pandemici ma al contempo sono venute a galla le contraddizioni reali del nostro paese con troppi lavoratori precari senza effettive tutele, con una forza lavoro in molti casi tecnologicamente arretrata, con percorsi formativi carenti se non inesistenti. Anni, quelli neoliberisti, nei quali si è investito solo nelle politiche di contrazione dei costi del lavoro e dei salari smantellando al contempo le condizioni di miglior favore, e numerose tutele, per la classe lavoratrice.

Invece di accordare un reddito di inclusione la scelta del Governo Draghi è quella di andare verso misure di sostegno attivo alle politiche attive del lavoro e di riforma del welfare prima e del sistema fiscale e previdenziale poi, senza tuttavia rimettere in discussione la natura precaria dell'occupazione italiana, frutto delle politiche intraprese negli anni dai vari Governi, frutto anche della campagna contro la riduzione del costo del lavoro che ha messo d'accordo datori e governo. 

E quella riduzione continua ad essere il faro guida delle politiche lavorative e, con l'arrivo poi dei licenziamenti collettivi, attendiamoci uno tsunami per l'occupazione.

Redazione pisana di Lotta Continua (Da: http://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com)

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