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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Fiat-Chrysler Italia 2018: fine corsa?

Fiat-Chrysler Italia 2018: fine corsa?

Il 1° giugno di quest’anno l’AD Marchionne presenterà all’Investitor Day di FCA il decimo piano industriale quadriennale (2018-2022), forse l’ultimo del manager italo-canadese.

Quale bilancio possiamo trarre del nono piano (2014-18)? Cosa è stato realizzato di quanto previsto 4 anni fa dal cotanto celebrato e pagato dirigente FCA? Non considerando i marchi statunitensi e i veicoli commerciali, il precedente piano industriale prevedeva 27 novità. Di queste ne sono state realizzate 12, mancano all’appello 15 nuovi modelli. Sono cifre impietose che ci rimandano un bilancio fallimentare che non ha scusanti.

Qual è la situazione dei lavoratori FCA degli stabilimenti italiani? Ad oggi registriamo un quadro di diffuse sofferenze che interessano tutti gli stabilimenti. Alla Maserati sono stati introdotti i “contratti di solidarietà”, il calo delle vendite di auto di lusso in Europa porta a prevedere una ulteriore riduzione dell’impiego dei lavoratori. Mirafiori è forse la situazione più tragica: dopo anni di cassa integrazione, per i 3.500 operai al lavoro l’invecchiamento del suv Levante e la saturazione del mercato ha comportato l’introduzione dei contratti di solidarietà. Nello stabilimento di Torino Sud, già oggi sono circa 2.000 i lavoratori considerati “eccedenti”: si tratta di lavoratori con “ridotte capacità lavorative”, di operai critici che non hanno mai piegato la testa. Alcuni di loro sono parcheggiati in un reparto confino: una pratica che fa parte della tradizione del gruppo Fiat. Fermate lavorative sono previste in tutti gli stabilimenti della Penisola, da Pomigliano a Melfi a Cassino, perfino nel Centro Ricerche di Orbassano.

Non ci devono essere dubbi sul fatto che questa situazione di incertezza e di esuberi non potrà durare a lungo, in tempi brevi saranno operativi progetti che, nella migliore delle ipotesi, comporteranno, attraverso piani di ristrutturazione, una riduzione dell’occupazione, in questo favorita dalle normative introdotte dal jobs act. La dirigenza FCA ha dimostrato di praticare oramai un modello di “lavoro a chiamata”, di impiego dei lavoratori sulla base delle esigenze produttive e quindi della situazione del mercato. Questo significa sacrifici salariali da parte degli operai e incremento dei profitti per l’azienda. D’altra parte gli interessi degli eredi di Agnelli sono orientati verso le operazioni finanziarie, mentre i sindacati complici da anni coprono le operazioni di FCA nascondendo la crisi.

Che fare? La prossima battaglia degli operai FCA deve diventare una lotta che va oltre i cancelli del Gruppo. Si tratta di un attacco alle condizioni dei lavoratori, ma è anche uno scontro politico che ci riguarda tutti, che ci deve vedere tutti impegnati per sostenere e generalizzare la lotta, per coinvolgere un ampio fronte in una lotta contro i licenziamenti, contro l’insicurezza delle vite, contro la precarizzazione del lavoro

Si tratta di assumere il punto di vista degli interessi di tutti gli operai Fiat per superare la rassegnazione e le divisioni fra le diverse sigle. È necessario operare all’interno degli stabilimenti con un intervento capace di tessere nuove relazioni e di far uscire i lavoratori dal senso di inevitabilità e di impotenza. Dall’esterno si tratta di essere presenti ai cancelli con continuità, di far sentire concretamente la vicinanza, combattere il senso di solitudine, costruire reti di solidarietà.

Un primo appuntamento importante è quello di domani 23 marzo davanti allo stabilimento di Pomigliano, una mobilitazione indetta dal coordinamento degli Operai Autorganizzati FCA

LA LOTTA DEI LAVORATORI FIAT DEVE DIVENTARE LA NOSTRA LOTTA!

LOTTA CONTINUA – TORINO

 

 

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