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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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L'industria e la crisi

L'industria e la crisi

Dopo ben dodici anni, i dati statistici parlano di una crisi apparentemente superata con il ritorno della produzione industriale italiana ai livelli antecedenti a quelli del 2008
Prendiamo per buoni i dati riportati da Il sole 24 Ore che parlano del biennio 2018 \ 2019 con la produzione in aumento insieme all'export, una crescita pari al 3%.
Il vero problema è che l'Italia ha molte esportazioni verso paesi come l'Iran contro cui tuona Trump minacciando boicottaggi di varia natura, per non parlare poi della minaccia dei dazi Usa, per questo i dati positivi potrebbero presto scontrarsi con le decisioni assunte in politica estera.
Se cresce l’export industriale, per altro destinato nei prossimi anni a una ottima performance, cresce anche la produzione di armi  e il loro commercio. Il capitalismo italiano è comunque in ritardo nell'ammodernamento dei macchinari ma anche nella formazione di personale specializzato, colpa delle industrie che sulla formazione hanno investito poco e male, colpa del crollo delle immatricolazioni universitarie, colpa di un sistema scolastico inefficiente costruito come è sugli invalsi.
Nonostante ciò, fatturato, produzione ed esportazioni sono destinati a crescere, la domanda da porsi è  comunque un'altra: chi beneficerà di questa ricchezza visto che i posti di lavoro creati sono troppo pochi, i salari stagnano e il potere di acquisto, la capacità di spesa della famiglia media è piuttosto contenuta?
Sarà per questo motivo che proprio i prodotti di largo consumo come elettronica ed elettrodomestici presentano i dati peggiori.
Domande dirimenti e degne di risposta visto che i lavoratori e le lavoratrici hanno fatto fin troppi sacrifici con salari bloccati, aumento dell'età pensionabile e organizzazioni del lavoro dai ritmi sempre più' intensificati. La ricchezza prodotta è dei lavoratori e delle lavoratrici, non serva quindi alla riduzione del debito e alle speculazioni

FEDERICO GIUSTI - REDAZIONE PISANA

 

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