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Le esportazioni italiane in Medio Oriente derivavano dalla vendita di armi e dalla presenza di industrie e di costruttori edili, l'export nell'ultimo anno ha subito un forte rallentamento. Perché quest'area un tempo strategica per il made in Italy oggi non lo è più?

 Intanto escludiamo in partenza ragioni umanitarie perché il nostro paese è tra i principali fornitori di armi dell'Arabia Saudita che da anni sta bombardando lo Yemen con migliaia di morti tra i civili, una guerra dimenticata dai media per non inimicarsi il potente paese del Golfo che resta tra i principali produttori di greggio al mondo. 

Appunto il petrolio, i suoi prezzi ondivaghi sono alla base anche della crisi dell'export che subisce un rallentamento perché l'esportazione del greggio non produce più i ricavi di un tempo, ergo la industria del lusso ha minori richieste (per non parlare poi della concorrenza asiatica). I ricchi del golfo hanno deciso da tempo di diversificare i loro investimenti, mirano direttamente ad acquistare azioni di aziende straniere.

Poi c'è la concorrenza della Germania nella produzione di armi e della meccanica , la presenza della Cina nel campo infrastrutturale  forte di ingenti capitali da investire (anche per questo l'Italia guarda con speranza alla Via della Seta) .

Il capitalismo italiano chiede al Governo una maggiore presenza sui mercati esteri, vorrebbe un dinamismo maggiore e non una campagna elettorale strisciante che impegna i ministri distogliendoli dalle missioni internazionali, a rimorchio delle quali si trovano sempre decine di imprenditori.

La ripresa dell'export verso il Medio Oriente passa dalle industrie meccaniche e di armi, dall'industria del lusso e dalle infrastrutture, stesso discorso vale per la Turchia, altro paese nevralgico per gli equilibri della impresa tessile.

Federico Giusti Lotta Continua Pisa