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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Emergenza climatica o crisi del modello capitalistico?

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Il 27 settembre è la giornata per il clima, scenderanno in piazza in ogni città italiana giovani, studenti e lavoratori.

Al di là dello sciopero urge aprire una riflessione nei luoghi di lavoro destinata non a rivendicare la paternità delle iniziative ma piuttosto a costruire una mobilitazione seria e duratura che rimetta al centro alcune rivendicazioni storiche: salute, sicurezza, un modo di produzione diverso da quello che sfrutta l'ambiente e i lavoratori alimentando inquinamento e morti senza dimenticare lavoro e stato sociale.

Sono trascorsi anni da quando le problematiche legate all'ambiente, alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e sui territori rappresentavano elementi cardini dell'agire sindacale, a distanza di lustri oggi infortuni e morti sul lavoro sono in continua crescita, le nocività sono in aumento, le malattie contratte a contatto di sostanze pericolose producono una lunga scia di morti.

La emergenza ambientale dovrebbe essere una delle priorità da affrontare, farlo rivendicando un modo di produzione e un modello sociale non alimentato dalle logiche del profitto che restano le cause principali dell'emergenza ambientale.

Il modello di sviluppo capitalistico, la forsennata ricerca del profitto anche a costo di devastazione e morti sono quindi la prima causa della crisi ambientale, non a caso gli interessi di tante multinazionali, la compiacenza dei governanti, in questi mesi, ha distrutto ampie parti della foresta amazzonica, tuttavia tante altre piccole, ma gravi, devastazioni, sono sotto i nostri occhi.

Il disastro ambientale è figlio anche di quelle produzioni nocive all'uomo e all'ambiente che nel corso degli anni non sono state arrestate per complicità politica, non a caso l'Italia è il paese dei siti inquinati mai bonificati nonostante da anni sappiamo che i mancati interventi continueranno a creare morti, malattie e disastri ambientali. 

E i siti inquinati non bonificati sono parte integrante di quella strategia che alimenta le grandi opere, le devastazioni ambientali, alimenta la insicurezza ambientale e sociale con la caduta a picco del potere di acquisto di salari e pensioni dentro quella crisi che sta distruggendo ogni giorno centinaia di posti di lavoro.

La comunità scientifica da quasi 50 anni ci ha messo in guardia dei cambiamenti climatici, sono centinaia, migliaia forse, le pubblicazioni sull'argomento, Oggi nessuno può ignorare il problema e di fronte a questa situazione interi settori del sistema capitalistico si stanno riorganizzando. Questi settori utilizzano le questioni ambientali per mero interesse, per introdurre tecnologie più moderne e così eliminare alcuni concorrenti, siano essi multinazionali o stati.

Giusta e condivisa la protesta di tanti giovani al di là delle strumentalizzazioni che da sempre operano all'ombra dei movimenti, al di là dei tentativi di mettere il cappello su una protesta che ora sta arrivando anche nei luoghi di lavoro.

Le mobilitazioni di questi ultimi mesi saranno un importante stimolo anche per l'azione sindacale e politica, dovremo tutti\e fare i conti con obiettivi ben precisi a partire dal nostro paese, dai luoghi di lavoro (le morti e gli infortuni sul lavoro sono in continua crescita) senza dimenticare che cosa sia in gioco nella lotta interna al capitalismo attualmente in corso.
La green economy è il capitalismo dal volto ecologista ma sempre basato sul profitto, anzi è lo strumento con cui provano ad uscire dalla crisi di accumulazione in cui si trovano, quella crisi che ha determinato licenziamenti, part time al posto dei full time, perdita del potere di acquisto e di contrattazione sindacale con accordi sulla rappresentanza sindacale che tagliano fuori le realtà più conflittuali.
Lo sfruttamento della natura è solo un altro volto dello sfruttamento capitalistico del lavoro e dei lavoratori, 

Per queste ragioni contrastare i cambiamenti climatici significa porsi obiettivi concreti come la bonifica dei territori, un nuovo modo di produzione, la fine delle opere che devastano i territori senza mai perdere di vista la dignità e la sicurezza del lavoro.

Federico Giusti – Lotta Continua Pisa

 

 

 

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