mes

Negli ultimi tempi la questione relativa al Mes sembra essere diventato il tema centrale della politica italiana e per i media borghesi: una questione di tecnica finanziaria (che però riguarda tutti i proletari e gli oppressi) sottaciuta fino a pochi giorni fa da tutti gli ambienti borghesi ma in periodi come questi può creare tensione tra maggioranza e opposizione o finge di farlo. La cosa più assurda è che a fingere di opporsi al meccanismo del Mes e alla sua “riforma” vi è persino il socio di maggioranza di questo governo: Luigi Di Maio, la cui voce si è unita a quelle del duo Salvini-Meloni nell’opposizione borghese a questo strumento finanziario. Del resto, siamo fin troppo abituati alle sceneggiate continue della politica borghese, ormai l’unica via rimastale per mantenere una base di consenso tra le masse popolari.

Ma cos’è il Meccanismo europeo di stabilità (MES)? Definito anche Fondo salva-Stati, è un fondo finanziario europeo col compito di mantenere “la stabilità finanziaria” della zona euro (sopra ogni cosa). E’ stato istituito attraverso le modifiche al Trattato di Lisbona approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo il 25 marzo. Il Mes ha però assunto la veste di organizzazione intergovernativa (sul modello del FMI), con una rigida struttura fondata da un consiglio di governatori (composto dai ministri dell’economia degli stati membri) che nomina un consiglio di amministrazione, il quale ha il potere di imporre decisioni di natura macroeconomica ai paesi aderenti.

Vi è inoltre un direttore generale, con diritto di voto, mentre il commissario UE agli Affari economico-monetari e il presidente della BCE fungono da osservatori. Le decisioni del Consiglio devono essere prese a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice.

Questo cosiddetto fondo salva-stati, ha una capacità economica di oltre 650 miliardi di euro, compresa la liquidità residua del fondo temporaneo europeo, pari a 250 miliardi. L’Italia ha una quota di partecipazione del 18%, seconda solo a Germania e Francia e contribuisce al bilancio per ben 125 miliardi. E’ regolato dalla legislazione internazionale e ha sede in Lussemburgo.

Il fondo può erogare prestiti (a tassi fissi o variabili) ai paesi in difficoltà economica e acquistare i titoli di stato dei paesi dell'euro zona sul mercato primario, ma a condizioni molto severe. Condizioni che possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche, al rispetto di obblighi di ammissibilità predefiniti basati sull’austerity (tagli costanti della spesa sociale, innalzamenti continui dell’età pensionabile e della tassazione sul lavoro, prosieguo delle privatizzazioni dei beni pubblici). Potranno essere applicati, inoltre, interventi sanzionatori agli Stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione.

Quindi ogni stato borghese versa decine e decine di miliardi a questo fondo per poi farseli prestare dallo stesso, dovendo pagare pure gli interessi passivi e solo dopo aver rispettato le tremende condizioni d’austerità che andranno a colpire ulteriormente un proletariato europeo già stremato da oltre 10 anni di repressione sociale a tutto spiano. Austerità che vale solo per le classi subalterne appunto, mentre per il capitale è una grande opportunità per mettere le mani su ciò che resta del patrimonio pubblico, e per abolire i residui di diritti sociali, rendendo sempre più precario e sfruttato il lavoro salariato.

Il MES è regolato dalla legislazione internazionale e ha sede in Lussemburgo. Il fondo può erogare prestiti (a tassi fissi o variabili) ai paesi in difficoltà economica e acquistare i titoli di stato dei paesi dell'euro zona sul mercato primario, ma a condizioni molto severe. Condizioni che possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche, al rispetto di obblighi di ammissibilità predefiniti basati sull’austerity (tagli costanti della spesa sociale, innalzamenti continui dell’età pensionabile e della tassazione sul lavoro, prosieguo delle privatizzazioni dei beni pubblici). Potranno essere applicati, inoltre, interventi sanzionatori agli Stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione.

Chiedere nuovi prestiti (oltre a quelli da chi acquista i titoli di stato) comporterà oltretutto nuovi debiti gli stati dell’eurozona già in pessime condizioni finanziarie e gravati da debiti gravosi. Ma se a ciò si aggiunge che verranno richiesti prestiti di soldi propri, il quadro diventa a dir poco fosco. Ma il capitale e le sue istituzioni non finiscono mai di stupirci.

Il 9 dicembre 2011 il Consiglio Europeo, con l'aggravarsi della crisi dei debiti pubblici, decise di anticipare l'entrata in vigore del fondo, (inizialmente prevista per la metà del 2013) a partire da luglio 2012 e proprio in quel periodo, il parlamento italiano ratificò l’adesione all’organismo finanziario.  

L'operato del MES, i suoi beni e patrimoni, godono inoltre dell'immunità assoluta da ogni forma di processo giudiziario. Tutti i suoi dirigenti sono immuni a procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni e godono dell'inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali. Tuttavia, un collegio composto da cinque revisori esterni, nominato però dai governatori del fondo, ha accesso ai libri contabili e alle singole transazioni del MES.

Ma per i governanti ed i burocrati delle istituzioni borghesi nazionali e continentali, (nonché per i gruppi capitalisti che vi stanno dietro) il Mes così com’è stato concepito non basta, vogliono ampliarne poteri e possibilità di intervento, in modo che possa agire ben al di là delle “emergenze”. Così, da circa un paio d’anni a questa parte si è iniziato a discutere in sede europea di una revisione del trattato istitutivo, arrivando lo scorso giugno, ad un agevole accordo preliminare tra i vari Stati, sul pacchetto di correzioni. Dopo l’ok arrivato da Eurogruppo ed Eurosummit, il nulla osta da parte dei governi è arrivato nei primi giorni di dicembre, ma perché la “riforma” entri in vigore è necessaria la ratifica dei parlamenti nazionali (che è avvenuta proprio nei giorni scorsi). La riforma è tra le altre cose, immodificabile.

                                                                                                                                                                               La novità principale riguarda la funzione di garanzia finale (backstop) del Mes sul fondo di risoluzione unico delle banche. Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi, a cui i vari stati potranno accedere qualora i fondi nazionali stanziati per le risoluzioni bancarie non siano sufficienti. Un'altra novità è rappresentata dall'introduzione di linee di credito (ad interessi) più efficaci, ovvero utilizzabili in caso un Paese si trovi in crisi economica e voglia evitare di finire sotto il giogo della speculazione sui mercati.

Ma per accedere ai prestiti del fondo Salva-stati non si dovrà firmare un Memorandum, come quello imposto alla Grecia. Basterà sottoscrivere una lettera d'intenti che assicuri il rispetto delle stringenti regole del Patto di stabilità. Naturalmente i Paesi con un alto debito (tutti) saranno costretti ad attuare sempre più pesanti misure d’austerità per poter accedere ai fondi. Per l'Italia non è comunque una pista praticabile, visto che una delle clausole d’accesso consiste nel non avere squilibri eccessivi, e il bel Paese continua ad avere i conti pubblici monitorati da anni dalla Ue, nonostante da almeno un decennio i vari governi abbiano accettato tutte le imposizioni draconiane imposte da Bruxelles.

Del resto, come ampiamente previsto, l’austerità è tutto fuorché la soluzione alla riduzione del debito pubblico, poiché riduce drasticamente il denaro in circolo, facendo calare il Pil (con cui il debito pubblico è in stretto rapporto) e restringendo la platea di lavoratori che possono pagare il debito e i forti interessi sullo stesso attraverso le tasse. A chi investe sul debito (banche nella stragrande maggioranza dei casi) i profitti sono sempre garantiti, in compenso lo stato vessa sempre più le classi subalterne con le tasse, continuando a tagliare servizi e prestazioni sociali. Ciò è ancora più vero in mancanza di una moneta emessa dallo stato a costo zero, che fa sì che il paese debba indebitarsi sui mercati per piazzare i propri titoli, dovendo corrispondere lauti interessi a chi li acquista (circa 85 miliardi l’anno).

In Italia, le Camere hanno dato il via libera alla risoluzione sul Mes. Il governo ha superato la prova non senza difficoltà. Al Senato, l’11 dicembre scorso, quattro esponenti del Movimento 5 stelle hanno votato in dissenso dal gruppo, aprendo una falla in seno al grillismo. A Montecitorio invece, 14 deputati del M5s non hanno partecipato al voto.

Il senatore grillino Ugo Grassi, intervenendo in Aula prima del voto, ha annunciato il proprio dissenso dopo aver riferito di non riconoscersi più nelle politiche del Movimento. Dissenso nei confronti delle scelte attuate dal movimento guidato da Di Maio, annunciato anche dal senatore Stefano Lucidi e dai suo colleghi Francesco Urraro (per il quale il tema del Mes è «fuori dal programma dei 5 stelle») e Gianluigi Paragone. Tutti i parlamentari ad eccezione di quest’ultimo hanno poi ufficializzato la loro uscita dai gruppi parlamentari pentastellati.

Occorre mobilitarsi in fretta e lottare senza sosta contro il capitalismo e questo suo ennesimo frutto avvelenato (Mes) che comporterà ulteriori indebitamenti per lo Stato e di conseguenza nuove misure draconiane che non potranno essere sostenute dal proletariato. Il capitalismo ha creato una morsa che si fa sempre più stretta sulle esistenze di centinaia e centinaia di milioni di oppressi nel mondo e l’indebitamento pubblico (e privato) è uno dei suoi principali strumenti di dominio sulle masse proletarie. Come diceva Luciano Parlanti: ”è la lotta che crea l’organizzazione” ed è arrivato il momento di mettere in discussione e di lottare seriamente contro la società capitalista e tutti i suoi tentacoli, unendo le varie lotte prima che tutto sia definitivamente perduto e di non accorgerci più di niente.

Angelo Fontanella