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Milano, Palermo, Foggia, Modena, Napoli, Roma, Rieti, Prato, e poi Ferrara, Bergamo, Genova, Alessandria, Verona, Pavia sono alcune delle tappe in cui si è manifestata la realtà nelle carceri italiane.

Il Coronavirus, la sospensione dei colloqui, sono solo quello che si vuole far apparire per non parlare della realtà, di strati di persone che vivono all’esterno del carcere con la necessità di sopravvivere con piccoli furti, piccolo spaccio, piccole situazioni in cui l’arte di arrangiarsi è l’unica rimasta, appunto per sopravvivere.

Piaccia o meno di questo si tratta, di questo bisogna prendere atto se si vuole capire cosa è successo l’altro giorno, per fare in modo non solo che non succeda più, ma per parlare della realtà che si vive nel nostro paese.

Parafrasando cose già dette il Coronavirus e la sospensione dei colloqui sono il classico specchietto per le allodole.

I 12 morti, per ora, ci impongono una riflessione seria, dovrebbero imporla.

L’esempio negativo ce lo insegna proprio chi invece dovrebbe interrogarsi, confrontarsi con chi in carcere ci entra tutti i giorni, e non per fare il carceriere, e mi riferisco al personale civile in generale.

 Mi riferisco al ministro Bonafede che lancia un appello minaccioso ed avverte: «Nessun provvedimento finché c’è violenza».

Per comprendere la follia delle istituzioni non sono necessarie analisi di classe, ruolo del carcere nella società borghese, ma è sufficiente leggere Il Manifesto dell’11 marzo 20020: «Lavarsi le mani, stare a un metro di distanza, ecc. E informarsi, per capire quando è il momento di preoccuparsi»: provate a seguire le regole di prevenzione stando stipati in 562 su 369 posti, come nel penitenziario di Modena che si è acceso per primo domenica pomeriggio, o come a Foggia dove vivono in 608 e i posti sono 365. Provate a farlo, per esempio, quando in cella c’è qualcuno che si lava solo se i volontari gli portano il sapone, perché soldi per comprarlo non ne ha. E provate a tentare di rimanere tranquilli in una situazione del genere, senza informazioni, senza più colloqui visivi con i parenti almeno fino al 22 marzo, con poche telefonate a disposizione, niente più visite dei volontari, e con gli agenti che sono tesi, arrabbiati e impauriti come e peggio di voi.

Sovraffollamento e degrado in cui versano i 189 penitenziari italiani dove vivono 61.230 persone a fronte di una capienza di 50.931 posti, con un tasso di sovraffollamento medio del 120%.

 

Da troppi anni sta crescendo la disoccupazione, lavoratori precari che certo non arrivano a fine mese e comunque lo stipendio è solo per alcuni mesi, fabbriche che chiudono anche quando producono abbastanza e vendono altrettanto, per essere spostate in paesi dove lo sfruttamento è maggiore e le difese sindacali sono nulle, comunque meno di quelle che esistono nel nostro paese che non brilla certo per essere al primo posto nella difesa dei lavoratori.

Spesso i lavoratori, soprattutto nella logistica, si organizzano autonomamente o con il supporto dei sindacati autonomi, e riescono in qualche modo a respingere gli attacchi padronali alle condizioni di vita o dei salari.

Ma indubbiamente oggi i lavoratori sono lasciati soli, le statistiche dell’aumento della povertà nel nostro paese non le han compilate gli estremisti di Lotta Continua o di qualche Centro Sociale, ma Istituti riconosciuti, anche statali.

Tutto questo porta alla disgregazione del tessuto sociale, non c’è un’organizzazione capace di incanalare questa condizione in senso rivoluzionario o comunque rivendicativo, ed ognuno pensa a se stesso come può.

Si parla di abbandono scolastico in aumento ed è difficile chiedersi questi ragazzi come trascorrono le giornate? Certo non lo fanno i tanti Bonafede tra i politici o sindacati confederali.

Crescono le piazze dello spaccio e del consumo di ogni tipo di sostanza, cresce l’aumento delle persone che usano l’alcool e diminuisce l’età in cui iniziano a bere.

Il fine settimana nei discount trovi file chilometriche, anche supermercati tipo Esselunga han dovuto adeguarsi immettendo tra i loro scaffali merci a poco prezzo, a volte inferiori a quelli che trovi nei supermercati per poveri.

Questa povertà, disgregazione porta come detto, ad arrangiarsi e tanti, troppi finiscono in carcere. Ed oggi la giustizia non prevede reinserimento, ma aumento delle pene, condizioni di vivibilità miserabili che il personale civile non riesce a seguire.

Quando la paura, la mancanza di prospettive, quando senti sulla tua pelle di essere un numero ed anche abbandonato, allora è facile che si costituisca quella polvere esplosiva che basta davvero poco a farla esplodere.

Quanto è successo il 9 Marzo 2020 si potrà ripetere perché i Bonafede e tutto il governo hanno una sola idea per rispondere: manganelli e repressione.

Noi crediamo che invece ci debba essere una capacità organizzativa che sappia comprendere questa realtà e sia capace di offrire una organizzazione politica e rivoluzionaria.

Sarebbe opportuno che tutte le realtà della sinistra radicale cogliesse questa occasione per interrogarsi sul proprio ruolo in questa situazione, siamo tutti inadeguati se non sappiamo unirci attorno ad un progetto, come detto, politico e rivoluzionario.

Francesco - Redazione milanese di Lotta Continua