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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Rivolte al tempo del Coronavirus

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La storia è importante perchè insegna, anche se a volte come diceva Gramsci, purtroppo non ci sono scolari.

Questo ci pare sia una lezione su quanto è avvenuto in molte carceri italiane il 9 marzo 2020.

Nella storia del nostro paese lotte nelle carceri, più o meno pacifiche, ci sono state ed hanno anche avuto un ruolo importantissimo per denunciare, modificare lo stato delle prigioni che mostravano i segni del medio evo: buglioli, topi che si aggiravano per la cella sia di giorno che di notte, niente fornelli per cucinare o semplicemente per fare il caffè, cessi accanto dove si mangiava.

I pestaggi erano la norma, le umiliazioni altrettanto.

Le lotte organizzate dalla presenza di prigionieri politici e politicizzati, hanno portato alla fine di tutta questa crudele situazione, creando le condizioni affinché i detenuti hanno cominciato ad essere visti come esseri umani, con diritti, a costruire questi diritti.

Le prime lotte in carcere a carattere di massa e unitarie si sviluppano a partire dall'aprile 1969, inizialmente con mobilitazioni a carattere pacifico: sit-in, resistenza passiva, scioperi della fame, ma assunsero presto forme più radicali soprattutto nelle carceri delle grandi città, dove le relazioni con l'esterno furono più intensi.

Successivamente le forme di lotta diventarono devastazioni di interi reparti delle carceri, la distruzione delle suppellettili. Le risposte del governo sono le fucilate: a Firenze nel febbraio 74 un morto e otto feriti, ad Alessandria tre mesi dopo i morti sono sette (di cui 5 ostaggi) e 14 i feriti.

E' un movimento che preoccupa talmente il potere al punto che il governo emette la "circolare Tanassi - Henke" che autorizza l'impiego dell'esercito per sedare le rivolte nelle prigioni.

Gli obiettivi dei detenuti sono quelli del miglioramento delle condizioni di vivibilità, del vitto, della remunerazione del lavoro, dell'aumento della socialità interna e verso l'esterno, dell’abolizione del letto di contenzione; cui si aggiungono le richieste di amnistia e condono (poi ottenuto nel ‘70) e per la riforma carceraria di cui si discuteva dal dopoguerra ma ancora senza esito.

Per dare pubblicità a questo movimento di lotta venivano usati i processi come cassa di risonanza del movimento di lotta: si disertavano le aule o si denunciavano durante l’udienza le condizioni di vita o gli obiettivi della lotta. La presenza, sempre più massiccia di compagni nelle carceri sviluppa il processo organizzativo e l’ampliamento di rapporti con l'esterno.

Le organizzazioni esterne che più si faranno carico di sostenere la lotta dei detenuti sono, in quegli anni, Lotta Continua (Commissione Carceri del 1970 e la rubrica "i dannati della terra" sul giornale omonimo dal 1971) e Soccorso Rosso.

Sull’onda delle lotte, a metà degli anni 70, e dopo l’approvazione della "riforma", con un’intelligente utilizzazione degli spazi che essa offriva, pur esprimendo una valutazione complessiva molto negativa sulla legge, i detenuti riprendono con più vigore i progetti di evasione, molti dei quali portati a termine positivamente, anche grazie ai livelli organizzativi raggiunti:

- verso la fine del 75 evasione in massa da Regina Coeli, nell'agosto del 76 evasione armata dal carcere di Lecce, cui seguiranno quelle da Firenze, Treviso, Fossombrone, Benevento ecc..

N 1974 nascono i NAP (nuclei armati proletari) all’interno dei quali confluiranno i militanti dei collettivi nati precedentemente più altri compagni/e provenienti dall’area della sinistra rivoluzionaria. La prima azione dei NAP è dell'ottobre 1974 con la diffusione di discorsi e messaggi d'appoggio alle lotte tramite altoparlanti piazzati davanti alle carceri di Milano, Roma e Napoli, altoparlanti che si autodistruggono esplodendo dopo la trasmissione. Tra l'altro in questi messaggi viene detto:

" Noi non abbiamo scelta: o ribellarsi e lottare o morire lentamente nelle carceri, nei ghetti, nei manicomi, dove ci costringe la società borghese, e nei modi che la sua violenza ci impone. Contro lo stato borghese, per il suo abbattimento, per la nostra autoliberazione di classe, per il nostro contributo al processo rivoluzionario del proletariato, per il comunismo, rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni".

Riportiamo questi esempi proprio per mostrare in maniera evidente che oggi non esiste un movimento rivoluzionario all’esterno, ma solo un malessere all’interno delle prigioni.

Precisiamo che siamo ben consapevoli che sono sempre rimaste ombre di crudeltà, soprattutto in regioni come Sicilia, Campania, Sardegna, Calabria, ma le condizioni sono decisamente ed indubbiamente cambiate. Puntualizziamo anche che in queste regioni vi erano detenuti "eccellenti" che godevano di grandi privilegi, anche a quei tempi.

Sappiamo che a volte le lotte nelle carceri son servite a qualcuno per regolare i conti con altri, per sgarbi, per potere all'interno e fuori dalle carceri. Negli anni '80 le carceri sono state sicuramente segnate da questo utilizzo, in particolare a San Vittore, Ucciardone, Poggioreale e Badu 'e Carros.

Qualche volta sono state usate per poter agevolare piani di fuga. Ecco sicuramente è difficile pensare alle rivolte come qualcosa di spontaneo, infatti sono sempre durate più giorni e sempre hanno avuto una coda, hanno portato delle novità, proprio a seconda dei motivi per cui erano state organizzate ed utilizzate.

Alla luce di questo, come possiamo leggere quanto è avvenuto nella giornata del 9 marzo 2020 con 13 morti, la maggior parte dei quali per overdose? e del silenzio che su queste morti ne è seguito?

Davvero possiamo pensare che siano state organizzate da detenuti tossicodipendenti che avevano l'obbiettivo di appropriarsi del metadone o di farmaci? O che questi fossero capaci di approfittare della situazione che si è venuta a creare?

Ovviamente non conosciamo ancora la realtà, ma sarebbe più logico pensare alla fuga avvenuta dal carcere di Foggia piuttosto che alla sospensione dei colloqui o dei permessi. Crediamo sia condivisibile il fatto che, in questo momento, una protesta fatta in maniera unitaria e pacifica avrebbe portato a risultati migliori.

Purtroppo il silenzio da parte di tutti i giornali non ci fa conoscere nomi e condizione dei deceduti, così come per ogni altra notizia.

Comunque crediamo che alla luce di quanto scritto dobbiamo sforzarci di comprendere meglio la realtà.

Criticare il sistema carcerario è un nostro dovere, come anche sforzarci di conoscere e comprendere in maniera più approfondita la sua composizione, limitarsi ad una purtroppo generica solidarietà crediamo possa servire a ben poco, rincorrere gli avvenimenti non è mai qualcosa che ci debba e possa bastare.

 

 Milano, 13 marzo 2020 – Redazione milanese di Lotta Continua

 

Post Scriptum: per questo articolo abbiamo utilizzato contributi di altri di cui però non siamo potuti arrivare alla fonte.

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