romiti

Cesare Romiti è stato un nemico della classe operaia. E’ stato, dopo Valletta, un esponente di punta che ha permesso alla Fiat di attuare una ristrutturazione che ha trasformato la più grande impresa metalmeccanica italiana in un polo finanziario che ha delocalizzato gran parte della produzione all’estero.

Ricordarlo oggi come uno dei protagonisti della stagione politica ed economica degli anni 70 e 80 vuol dire esaltare il punto di vista dei padroni. Protagonista lo fu, ma della lotta antioperaia.

Senza dimenticare che il falco Romiti riuscì nell’intento di espellere 61 avanguardie di lotta della Fiat. Con il silenzio-assenso del sindacato che in quegli anni era troppo impegnato nella lotta istituzionale contro il terrorismo e non si rese conto che accordando quei 61 licenziamenti non avrebbe fatto altro che aprire lo spazio a quella che è stata, negli anni 80, la più massiccia espulsione di lavoratori dalla Fiat e da ogni fabbrica italiana.

Ricordare Romiti oggi vuol dire riprendere la discussione su quanto sta accadendo in questi giorni. Chi diceva che non ci sarebbero stati licenziamenti ad agosto sicuramente si sbagliava. Infatti ecco arrivare un decreto legge ministeriale che prevede un divieto di licenziare sempre più flessibile, in base all’utilizzo della cassaintegrazione o all’esonero.

Ci sono diversi casi che renderanno possibile il licenziamento. La cessazione dell’attività d’impresa. Un accordo aziendale che incentiverà all’esodo, quindi sindacati complici che permetteranno la perdita del lavoro in cambio di poche centinaia di euro. Il fallimento dell’impresa senza alcun tipo di esercizio provvisorio. Una modifica dell’organizzazione aziendale che cambierà la struttura aziendale e quindi l’autonomia dell’impresa è salva, tra virgolette. Il datore di lavoro opterà per l’esonero contributivo fino a 4 mesi e il termine del periodo in cui si possa usufruire delle 18 settimane.

Come vediamo il decreto di agosto è stato scritto in modo da rendere il divieto di licenziamento sempre più flessibile e di lasciare non una finestra, ma una voragine aperta a uso e consumo delle imprese.

Se Romiti ha fatto scuola, sicuramente lo vediamo oggi negli interventi in materia di lavoro dei governi che guardano agli interessi delle imprese e non certo a quelli dei lavoratori.

In queste ore c’è uno strano parallelismo fra ciò che accade nell’esaltazione acritica dell’ex manager della Fiat Romiti e l’esaltazione delle ricette anticrisi di Draghi al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Il vero problema è che tanto Draghi rimuove le questioni sociali e quindi si limita a generiche osservazioni, tanto più c’è la perdita di memoria storica con l’esaltazione da parte dell’ex segretario della Uil Benvenuto dell’operato di Romiti. Quando si arriva a dire che ha capito meglio del sindacato i cambiamenti degli anni 80, vuol dire che allora il sindacato aveva deciso di cedere ai padroni la gestione dei rapporti di lavoro.