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Al Governo stanno discutendo del nostro futuro e i sindacati firmatari di contratto stanno zitti e buoni.

Nell'agenda di Draghi gli argomenti da trattare sono a tutti noti: dal blocco dei licenziamenti al recupero delle vaccinazioni in grave ritardo, dai fondi europei al fisco e alla Pubblica amministrazione.

Il punto della situazione non lo fanno i lavoratori ma i padroni, come si legge su “Il Sole 24 ore”, con una intervista al presidente di Confindustria che detta le linee al nuovo Esecutivo.

Sul blocco dei licenziamenti la posizione è chiara, andava bene un anno fa ma oggi rappresenterebbe un grave ostacolo per le imprese e per questo va se non rimosso profondamente rivisitato. 

È possibile un ripristino parziale della libertà di licenziamento ma allo stesso tempo si chiedono le politiche attive in materia di lavoro che determineranno nuovi ammortizzatori sociali e il rafforzamento della scuola azienda. 

Non siamo convinti che la richiesta padronale sia quella di ripristinare la facoltà aziendale di reperire personale qualificato, se così fosse partirebbero della istruzione, dal rimuovere il numero chiuso nell'università ripristinando al contempo tutti quei corsi di formazione professionale un tempo esistenti ed entrati invece in crisi con la Riforma delle province operata dalla Del Rio.

Citiamo testualmente la proposta di Bonomi:

«una norma transitoria e consentire alle imprese di andare verso la normalizzazione, per consentire loro di fare investimenti e creare lavoro, altrimenti il blocco dei licenziamenti diventa blocco assunzioni»

Come è possibile pensare al rilancio dell'occupazione quando al contempo si chiede il parziale ripristino dei licenziamenti collettivi? E perché tanto silenzio sul codice degli appalti la cui revisione potrebbe sancire minori tutele e clausole sociali per la forza lavoro?

Cosa intendiamo per norma transitoria se non tradurre le normative nel libero arbitrio padronale? Ricorderete quando invocavano la fine dell'art 18 per consentire alle imprese piena facoltà di licenziare ed assumere, se guardiamo i dati statistici capiamo che l'abbattimento delle tutele non ha determinato aumento dell'occupazione, il privato ha investito poco o nulla in materia di formazione, gli investimenti pubblici sono stati del tutto insufficienti perché dovevano abbattere il debito e contenere le spese.

Bonomi batte in realtà cassa, chiede nuovi ammortizzatori sociali per le imprese e un ripristino pur parziale dei licenziamenti collettivi, lo fa ricordando che le imprese contribuiscono al finanziamento degli ammortizzatori e oggi pretendono che questi soldi siano utilizzati secondo i loro dettami.

Al contempo Confindustria è consapevole che senza una vaccinazione di massa l'economia non possa ripartire, i contagi nei luoghi di lavoro e nelle scuole sono superiori a quelli della prima fase pandemica, gli errori commessi dalla Ue nell'acquisto dei vaccini scontentano e danneggiano i padroni che per questa ragione non lesinano critiche. Intanto si va parlando di produrre vaccini attraverso un polo pubblico-privato non è dato sapere se sarà lo Stato a finanziare la produzione e la ricerca lasciando alle imprese il profitto.

 È singolare come la posizione di Confindustria sia assai vicina a quella di Landini e della Cgil, entrambi chiedono un tavolo immediato al Governo per discutere di licenziamenti ed ammortizzatori sociali arrivando a proporre, i padroni, l'utilizzo delle fabbriche come grandi hub per le vaccinazioni.  Ma allo stesso tempo i padroni chiedono tempi rapidi per decidere come e dove investire i soldi europei e non solo quelli del Recovery Fund

 Avevamo ragione a dire che dietro alla caduta del Conte 2, non saremo certo noi a rimpiangerlo, si nascondessero le attenzioni sull'utilizzo dei soldi europei, saranno a disposizione tra i 400 e i 450 miliardi di euro nei prossimi anni. Soldi che fanno gola al sistema imprenditoriale e non solo a loro.

Che cosa significa poi recuperare una visione di futuro? Se la ricetta è quella di perseverare nella precarizzazione del lavoro non faremmo che ripetere gli stessi errori neoliberisti che sono la causa del problema, di quella uberizzazione del lavoro (per dirla con le parole Antunes) fonte della precarietà lavorativa ed esistenziale 

E non è casuale l'ennesimo attacco al servizio pubblico, colpevole, a detta dei padroni, di drenare troppe risorse che dovrebbero essere invece destinate al privato. Ancora una volta ci ritroviamo davanti alla ricetta del mercato come risolutore dei problemi economici e sociali quando invece le privatizzazioni e il ridimensionamento dei settori pubblici con le politiche di austerità sono proprio le cause della crisi.

Il 31 marzo scadrà il divieto dei licenziamenti collettivi, il neoministro del Lavoro chiede all'Agenzia Nazionale delle politiche attive di adoperarsi attivamente per la ricollocazione della forza lavoro nelle aziende in crisi. L'attuale sistema produttivo vedrà contrapposti gli interessi di aziende decotte, anche in virtu' dell'assenza di investimenti per ammodernarne le tecnologie e le produzioni, e il capitale emergente ma da qui a ipotizzare una ricollocazione lavorativa corre grande differenza. E in prospettiva il ripristino dei licenziamenti collettivi significherebbe licenziamenti di massa.

Si parla di una Agenzia che fino ad oggi ha prodotto ben poco, ora vorrebbero finanziare l’assegno di ricollocazione attraverso un voucher da utilizzare o nei centri per l'impiego o nelle agenzie del lavoro, ecco profilarsi il solito business della formazione senza certezze occupazionali dacché sono proprio i servizi di accompagnamento all’inserimento lavorativo ad avere fallito in un mercato del lavoro chiuso e senza investimenti effettivi per ammodernare e tecnologizzare le produzioni. Quando poi parlano della riforma scolastica pensano a depotenziare alcuni istituti come i licei per rafforzare gli istituti tecnici nell'ottica non di formare le giovani generazioni ma renderle subito utilizzabili, con i salari da fame dell'apprendistato e prima ancora con gli stages gratuiti, nelle aziende.

I soldi pubblici per accompagnare la ricollocazione lavorativa potrebbero finire nelle stesse mani di chi ha fatto in modo e maniera che certe aziende arrivassero al collasso, un corto circuito rispetto al quale il mondo sindacale dovrebbe intervenire senza subire l'egemonia padronale in materia di lavoro, istruzione, welfare, ammortizzatori sociali e pensioni

Che su questi argomenti i sindacati abbiano poco o nulla da dire è non solo vergognoso ma il frutto della lunga degenerazione consociativa del sindacato italiano. Del resto una merce di scambio per la vergognosa subalternità è già servita: il rafforzamento del welfare aziendale con la cogestione, padroni, e sindacato, di sanità e previdenza integrative con agevolazioni fiscali crescenti per favorire il secondo livello di contrattazione e il ripristino della ideologia del lavoro - benessere nel nome del quale baratteranno aumenti salariali con i bonus sui quali poi i padroni pagheranno tasse irrisorie.

In un colpo solo i padroni portano a casa più risultati, ad esempio il welfare community che poi significa depotenziare sanità e previdenza pubblica a favore di quella integrativa proprio attraverso gli Enti bilaterali che nel corso degli anni hanno anche depotenziato il ruolo delle Rsu a discapito della democrazia nei luoghi di lavoro. Per questo aspettiamoci anche un nuovo sistema di relazioni sindacali e una legge sulla rappresentanza che completerà il percorso avviato con il Testo unico del 2014 da estendere magari ai settori pubblici. Forse corriamo troppo ma il Governo Draghi è nato per accelerare determinati percorsi con il sostegno attivo di parte sindacale e non potrà deludere i suoi fautori e sostenitori. Un Governo di classe non c'è che dire.

Redazione pisana di Lotta Continua (Da: http://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com)