draghiii

#nonèilnostropiano
Come avevamo previsto, con l’insediamento del governo Draghi si è consumato definitivamente il passaggio a una forma di governo che potremmo definire tranquillamente “post-democrazia”. Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, redatto in gran segreto dai super tecnici, è stato presentato all’accozzaglia politica che sostiene il Governo con un’unica scelta: prendere o lasciare.

Con buona pace dei soloni della “Costituzione più bella del mondo”, ai prossimi governi è stata lasciata la “libertà” di muoversi dentro dei paletti molto rigidi, che sono quelli imposti dalle leggi della "merce". Come diceva già il sociologo Max Weber (che non era certo marxista), siamo in una "gabbia di ferro", ma oggi è peggio e le sbarre sono invisibili

In questo contesto la funzione stessa del Governo, delle sue emanazioni territoriali e degli apparati statali è ridotta alla gestione dell’ordine pubblico. Non ci sono sostanziali differenze tra gli attori politici che si sono succeduti al governo negli ultimi anni. Non si esce da una visione interna alle politiche neoliberiste responsabili della feroce crisi in atto, non ci sono segni di riforme sociali, la sola preoccupazione è quella di rimettere in sesto una macchina fatta per produrre profitti e che ora si è inceppata. Contro le resistenze e le opposizioni la ricetta è sempre la solita: repressione, criminalizzazione di ogni forma di dissenso e circoscrizione della rappresentanza a organismi fidati e centralizzati (vedi rappresentanza sindacale appaltatati in esclusiva ai confederali).

Questo non si significa che tra le varie bande che occupano lo spettro parlamentare, dal PD alla Meloni, non sia in corso un’aspra battaglia fatta per spartirsi i soldi del Recovery. Si tratta però di una spartizione di prebende, che lascia inalterata l’architettura del sistema di governance deciso a Bruxelles.

Insomma, potremmo dire che il neoliberismo è uscito rafforzato dalla crisi epidemica di Covid 19, utilizzando le tanto vituperate istituzioni pubbliche per rafforzare la presa sulle vite di tutti noi.

In questo contesto non possiamo permetterci di perdere tempo!

Dobbiamo cercare di organizzare reti di resistenza, mettere insieme soggettività militanti e iniziare di nuovo a fare interventi su realtà di fabbrica e di quartiere.

Come ci insegna Gramsci: ottimismo della volontà, pessimismo dell’intelligenza.

 (Nei prossimi giorni entreremo nel merito dei diversi provvedimenti)