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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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La solidarietà è sufficiente?

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 La solidarietà non costa nulla soprattutto se si affida alle sole parole senza mai una coerenza nelle pratiche quotidiane.

Tutti, partiti, sindacati, gruppi politici esprimono solidarietà ai lavoratori Gkn licenziati, urlano indignati contro le modalità del licenziamento.

Ma la sostanza resta inalterata, non parliamo solo di barbarie padronale davanti a un licenziamento via telefono o per e-mail, il problema è piuttosto il licenziamento, o il rapporto tra finanza e industria, il ruolo dei fondi di investimento.

Anche se avessero seguito le canoniche procedure i lavoratori sarebbero stati licenziati perché nella stragrande dei casi i tavoli in Prefettura, i tentativi di conciliazione finiscono nel nulla, servono ad allungare i tempi, la durata degli ammortizzatori sociali, strappare qualche concessione in più, insomma percorsi utili per limitare il danno ma non per scongiurare la morte del lavoro.

Attorno al capezzale della Gkn si affollano giornalisti e sindacati che per settimane hanno raccontato un'altra verità, i licenziamenti collettivi non ci sarebbero stati in virtu' di un accordicchio che non impegna in alcun modo le parti datoriali. E peggio ancora sono i giornalisti che per sopravvivere o giustificare l'operato redazionale della propria testata illudono lettori e lavoratori\trici saltando da una posizione all'altra come saltimbanchi della scrittura.

Il problema non sono le modalità del licenziamento ma il ripristino dei licenziamenti collettivi quando la crisi pandemica non è ancora conclusa, avere anteposto le ragioni dell'impresa e del profitto alla salvaguardia occupazionale e alla dignità umana, avere pensato che fosse sufficiente una dichiarazione di intenti per arrestare l'offensiva padronale, credere che i licenziamenti alla Fedex non riguardassero anche altri settori e aziende. È proprio di questo che gli operai devono prendere coscienza senza accontentarsi delle prese di posizioni tardive destinate a produrre solo parole.  E non si parli più solo di 422 licenziati perché tra appalti e subappalti il numero dei posti a rischio sarà assai più alto.

Quando si parla di mobilitazione dei settori pubblici a fianco dei licenziati non si dice che solo per arrivare allo sciopero (ammesso ma non concesso che si faccia), grazie alle leggi che ne limitano l'esercizio, serve più di un mese tra la proclamazione e l'effettuazione vera e propria. 

Il sistema delle regole che ormai da anni limitano la vita sindacale e lavorativa è stato costruito non per senso di responsabilità verso l'economia e i cittadini ma per impedire ai lavoratori e alle lavoratrici di esprimere la loro forza e conflittualità come dimostra la legislazione in materia di sciopero o i codici di comportamento aziendali nel pubblico e nel privato. Quindi non si discuta più delle modalità ma della sostanza del problema e di come lavoratori e lavoratrici intendano muoversi per difendere la loro dignità.

422 licenziati con una e-mail...e c'era chi parlava di grande vittoria sindacale

 Licenziati con una e-mail, chi aveva invocato la grande vittoria del sindacato arrestando la marcia padronale oggi dovrebbe almeno ammettere almeno di avere mentito o di non sapere più leggere con obiettività fatti di cronache e accordi scritti

Chiunque abbia letto la intesa tra le parti sociali ha subito capito che i licenziamenti sarebbero arrivati e solo nel migliore dei casi avremmo avuto qualche mese di ammortizzatore sociale.

Al contrario dei comuni lettori c'è stato chi, ad esempio il quotidiano comunista Il Manifesto, ha narrato una sorta di marcia trionfale dei sindacati contro i padroni, quei padroni che dal 1° luglio ad oggi hanno già licenziato centinaia di lavoratori e lavoratrici.

422 licenziati alla Gkn a Campi Bisenzio, pochi km da Firenze, una semplice e-mail per annunciare la fine del rapporto di lavoro, una iniziativa che sembrerebbe avere colto di sorpresa perfino Confindustria Toscana. La proprietà della fabbrica è un fondo di investimento, la finanza che si impossessa della industria e al momento debito abbandona al loro destino centinaia di famiglie.

In piena pandemia, nel 2020, la stessa proprietà, a Birmingham (UK), ha licenziato 185 lavoratori su 600, senza per altro ricorrere agli ammortizzatori sociali. Ieri come oggi si adduce la motivazione della crisi del settore automobilistico ma forse la ragione potrebbe essere legata alle logiche finanziarie e alla ottimizzazione dei profitti della performance dei titoli azionari abbattendo i costi del lavoro. Gli andamenti del listino borsistico dovrebbero aiutare a capire se dopo i licenziamenti i titoli sono cresciuti (come spesso avviene) oppure no.

Ora sono tutti indignati per i licenziamenti, anche chi ha sottoscritto una intesa a perdere con Governo e Padroni sapendo che avrebbero tagliato posti di lavoro con l'assenso e la partecipazione stessa del sindacato.

Il problema è uno solo: avere ripristinato i licenziamenti collettivi e per di più con una intesa sindacale che baratta qualche mese di ammortizzatore sociale con la stabilità occupazionale da cui dipende la dignità umana. Sono i diritti sociali e del lavoro ad essere calpestati, è la dignità umana, poi i licenziamenti avvengano con una semplice e-mail riportandoci alle narrazioni di Ken Loach per ricordarci la vera essenza del capitalismo.

Piena solidarietà ai licenziati ma non ai sindacati complici e firmatari della intesa che spiana la strada ai licenziamenti e men che mai ai giornalisti che alla obiettività dei fatti preferiscono le narrazioni tossiche.

Redazione pisana di Lotta Continua Da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

 

Da Cosenza a Genova andata e ritorno. L’inchi...
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