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Il dibattito padronale sul salario minimo

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Il dibattito padronale sul salario minimo

L’Italia, a detta di alcuni analisti, non sarebbe un paese capace di affrontare il salario minimo e dinamiche contrattuali con paghe orarie sotto le quali non scendere mai.  Non si dice la causa di questa presunta incapacità né si riportano dati oggettivi che possano portare a una simile conclusione, l'atavica paura padronale non fa dormire sonni tranquilli alle associazioni datoriali.

In teoria ci sarebbe l'articolo 36 della Costituzione a parlare di retribuzione adeguata e dignitosa ma gran parte dei contratti nazionali, anche quelli siglati dai sindacati rappresentativi, prevedono una paga oraria inferiore a un ipotetico salario minimo. Classico esempio di come i principi Costituzionali siano stati vanificati dalle normative vigenti.

Di cosa stiamo parlando allora?

Innanzitutto della atavica paura dei padroni e dei sindacati di vedersi scavalcati o vincolati da un salario minimo universale. 

Salari contrattuali più alti porterebbero vari benefici, al potere di acquisto delle famiglie, ai consumi e alla stessa domanda ma al contempo rappresenterebbero una crescita della spesa di personale a carico delle imprese. A nostro avviso gli imprenditori non sarebbero in linea di principio contrari al salario minimo se a pagarlo fosse lo Stato magari favorendo la sostituzione di personale vicino alla pensione con neo assunti inquadrati in livelli decisamente più bassi. Basterebbe qualche legge e stanziamenti statali ad hoc e i padroni si ritroverebbero con una forza lavoro più giovane e meno retribuita. Invece di ripartire i proventi della tassazione a favore del welfare e della collettività la suggestione è quella di far tornare nelle tasche dei padroni parte dei soldi, un po' come quando in pieno covid chiedevano di ricevere dei finanziamenti diretti invece di ampliare gli ammortizzatori sociali.

La crescita del costo del lavoro potrebbe essere affrontata in vari modi ma in Italia siamo abituati a delocalizzare le produzioni cercando in patria di abbassare salari e tutele collettive.  Poi si vorrebbe far dipendere la dinamica contrattuale dai profitti aziendali, dall’andamento della economia di settore o in base all'area industriale ove la produzione è collocata, stabilire una quota crescente di salario collegata ai risultati, la cosiddetta produttività, la partita del salario minimo si gioca su innumerevoli tavoli e alla fine i risultati potrebbero avere contropartite tali da vanificare buona parte dei risultati ottenuti. 

Da qui alle gabbie salariali il passo sarebbe breve così come dalla introduzione di meccanismi tali da vincolare la dinamica salariale al margine di profitto padronale. 

Ben venga il salario minimo ma attenzione alle contropartite!

Redazione pisana di Lotta Continua

Da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

 

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