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Reddito di cittadinanza, indicizzazione pensioni, tagli al sociale e alla sanità. Iniziamo a ragionare sulla Manovra di Bilancio

legge-bilancio-2023

La manovra di Bilancio si giudica a partire dalla sua prima scrittura, anzi fin dalla documentazione inviata a Bruxelles per il necessario via libera dalla Ue. E il documento inviato dal Governo Meloni a Bruxelles non è di facile lettura , come ogni altro dossier del genere, ma scaricabile dalla rete (DOCUMENTO PROGRAMMATICO DI BILANCIO 20 (mef.gov.it)

Il Governo, come letto sulla stampa, ha già assunto alcune decisioni che guideranno la manovra di fine anno, taglieranno le risorse destinate al Reddito di cittadinanza per cancellarlo, magari, nel 2024. E questa sola decisione avrà delle immediate ripercussioni sulle condizioni di vita di tante famiglie italiane, nel Meridione in primis. 

L'idea che il Reddito di cittadinanza sia di ostacolo al lavoro potrebbe anche essere ragionevole, ma il lavoro non si trova e le poche offerte sono per lo più irricevibili tra salari irrisori, spese di viaggio da sostenere, precarietà della tipologia contrattuale. Se pensano che il Reddito di cittadinanza sia un disincentivo per la ricerca di un lavoro dovrebbero intervenire direttamente sulle politiche attive e magari, in alcune aree geografiche, prevedere dei lavori socialmente utili per la cura e messa in sicurezza del territorio. 

Scelte del genere sarebbero una alternativa credibile al Reddito di cittadinanza ma presupporrebbero un intervento diretto dello Stato e un progetto a lungo termine che invece non sembra interessare il Governo dentro cui spira forte il vento del neoliberismo (più mercato e meno stato, meno incentivi e maggiore precarietà.

Altro aspetto assai disdicevole è dato dalla riduzione dei fondi per la sanità, non vorremmo che la rimozione di tutti i vincoli imposti nei due anni di pandemia, alla fine sia lo specchietto per le allodole, non ci sarebbero motivi per continuare con l'emergenza e quindi anche le spese per la salute pubblica possono essere ridotte.

Ma la crisi del sistema sanitario pubblico ha origini lontane e per almeno 40 anni i fondi alla sanità sono diminuiti come dimostra il taglio di un quarto dei posti letto negli ospedali pubblici e nei reparti di terapia intensiva. Considerare le misure abominevoli come il green pass inutili ai fini del contenimento dei contagi può accattivare simpatie dai tanti cittadini critici verso l'obbligo vaccinale e anche da settori imprenditoriali che hanno subito una certa contrazione degli affari nei due anni pandemici ma da qui a pensare che la sanità possa fare a meno di alcune risorse corre grande differenza sempre che l'intento del Governo non sia quello di favorire il privato e nuovi processi di privatizzazione.

Al contempo vengono rifinanziate tutte le missioni militari all'estero e nel suo complesso la spesa militare sarà incrementata sempre che si voglia reperire ogni spesa nei vari capitoli di Bilancio dei Ministeri ove è stata sapientemente disseminata. È da poco uscito un libretto di Giorgio Berretta (il paese delle armi) di cui consigliamo la lettura perché sfata alcuni luoghi comuni, primo tra tutti quello che vede nella industria di armi una componente essenziale per l'economia italiana.

I produttori di armi e le loro esportazioni hanno un peso equivalente a quello della industria dei giocattoli, se guardiamo al numero degli occupati troveremo una riduzione della forza lavoro e un aumento delle esportazioni all'estero, tra il 2010 e il 2021, aumentato dello 0,2%. Chi asserisca che il settore militare o più genericamente della produzione di armi militari e civili sia nevralgico per l'economia italiano può essere smentito con dati alla mano, eppure la lobby delle armi rappresenta un convitato di affari molto forte ed ascoltato in tanti paesi a capitalismo avanzato e l'Italia non fa eccezione.

Sempre la manovra in corso non prevede fondi per il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione, i 3,2 milioni di dipendenti, e le loro famiglie, dovranno aspettare il 2024 quando i loro contratti saranno scaduti da ben 24 mesi. E in questo caso si sceglie deliberatamente di ridurre il potere di acquisto della forza lavoro della Pubblica amministrazione

Veniamo alle pensioni, è ormai evidente la volontà di tornare, ma solo nel 2024, alla Fornero e al progressivo aumento dell'età necessaria per accedere alle pensioni. Il Governo Meloni non si discosta dai precedenti, decide di intervenire in due modi ossia con la quota 103. 

Un intervento invece popolare sarà la indicizzazione delle pensioni per il biennio 2023\4. Verrà introdotto un sistema con sei fasce: rivalutazione al 100% dei trattamenti pensionistici pari o inferiori a quattro volte il minimo (il trattamento minimo stando ai dati Inps è pari a 525 euro). Fatti due conti gli assegni previdenziali fino a 2100 euro saranno rivalutati al costo della vita mentre per quelli fino ai 2.625 euro, la indicizzazione sarà dell'80% e scenderà al 55% per gli assegni previdenziali compresi tra i 2.626 e 3.150 euro, al 50% per le pensioni tra 3.151 e 4.200 euro, al 40% tra 4.201 e 5.250 euro. 

La rivalutazione del 35% spetterà invece ai trattamenti pensionistici superiori a dieci volte il trattamento minimo. La operazione mira a salvaguardare il potere di acquisto degli assegni previdenziali medio bassi colpendo invece le pensioni più alte, una scelta decisamente coraggiosa al confronto di quanto avrebbe fatto Il Pd qualora avesse vinto le elezioni. 

I soldi necessari per la indicizzazione delle pensioni saranno presi dal taglio al Reddito di cittadinanza, dalla mancata copertura delle spese per i rinnovi contrattuali nella Pa, dai tagli alla sanità e più in generale dai tagli di spesa che investiranno l'intero settore pubblico e che dovranno ancora essere quantificati. La logica della coperta troppo corta anima l'operato della Meloni, se si guadagnano consensi tra i pensionati con gli assegni bassi dall'altra parte non è detto che gli euro in più non basteranno a pagarsi una prestazione sanitaria che il pubblico non potrà erogare a prezzi contenuti, non è detto che il pensionato non debba correre in soccorso di familiari ai quali avranno ridotto il reddito di cittadinanza.

Chiudiamo sulla copertura della Manovra economica sulla quale alcuni economisti hanno già espresso delle perplessità (e di sicuro vista la loro genericità attuale determineranno non poche frizioni tra i partiti della maggioranza quando si tratterà di mettere nero su bianco i risparmi, le spese e le entrate). Le maggiori entrate “non classificate” previste ammontano a 6,4 miliardi, mentre le minori spese “non classificate” a 6,7 miliardi. Probabilmente tra le maggiori entrate “non classificate” rientrerà il maggior gettito dell’imposta sugli extra profitti, mentre dovrà essere definito nella Legge di Bilancio quali saranno i tagli di spesa. Nella Manovra vanno chiarite le coperture - Lavoce.info

Possiamo allora definire innovativa e di classe questa manovra economica? La risposta è negativa, semmai siamo davanti a un esercizio furbesco di ripartizione delle risorse per non tornare da subito alla piena applicazione della Fornero, qualche contentino all'elettorato dovrà pur essere concesso e da qui la quota 103 per le pensioni e le indicizzazioni. Al contempo non una parola viene spesa sul welfare, noi sappiamo che un Governo favorevole alla natalità dovrebbe andare ben oltre ai bonus ma introdurre misure di sostegno ai giovani, concreti aiuti che siano di incentivo per mettere su famiglia. Ma in questo caso le spese sarebbero troppo elevate e l'equilibrio di Bilancio promesso agli Usa e a Bruxelles sarebbe in grave pericolo, meglio allora vendere illusioni, prendersela con i percettori del Reddito di cittadinanza, ignorare i servizi pubblici e sventolare la bandiera della indicizzazione degli assegni previdenziali medio bassi.

28 novembre 2022

Redazione pisana di Lotta Continua

Da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

 

 

 

 

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