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Una manovra lacrime e sangue

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Una manovra lacrime e sangue

Si annuncia una manovra in deficit per coprire provvedimenti clientelari. Manca qualsiasi indirizzo per il rilancio dell'economia e per risanare pensioni e sanità.

di Federico Giusti 06/10/2023

Sulle pagine di qualche giornale leggiamo che prima ancora della classica manovra di Bilancio di fine anno ve ne sarà una straordinaria da approvare in autunno.

Ci sono 15,7 miliardi di euro in deficit a disposizione per finanziare parte delle misure previste nella prossima legge di Bilancio. L'indebitamento, in accordo con l'Unione Europea, è per il rilancio dell'economia nazionale o per trovare copertura a provvedimenti temporanei dai quali dipende la tenuta della attuale Maggioranza di Governo?

Partiamo dal presupposto che i tagli al cuneo fiscale hanno durata temporanea, andranno di volta in volta rifinanziati con adeguate coperture nel bilancio dello Stato. 

I benefici per i salari, e i futuri assegni pensionistici, saranno poca cosa se pensiamo invece all'alternativa di aumenti in busta paga derivanti da contratti nazionali con reale e stabile recupero del potere d'acquisto. Ma una manovra del genere scontenterebbe non solo il guardiano dei conti europei, la Banca Commerciale Europea, ma anche il padronato locale che, tra un richiamo alla Costituzione e qualche offerta concertativa, resta ancorato alle politiche di austerità e agli aiuti pubblici sotto forma di ammortizzatori sociali, sgravi fiscali e detassazioni varie.

Interessante la Relazione al Parlamento del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, sull'atto di accompagnare il Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza di aprile, in cui non manca di ricordare come l'aumento del Pil possa derivare da nuovi processi di privatizzazione.

Per far cassa le privatizzazioni sono sempre utili e mai se ne menzionano gli effetti perversi sulle condizioni salariali e di vita della forza lavoro. Proprio il giornale dei padroni, il Sole 24 Ore, parlava di aumento dei costi previdenziali per circa 20 miliardi di euro, aumenti derivanti dal sopraggiungere dell'età pensionistica massima oltre la quale non sarà possibile trattenere in servizio i figli del boom economico. L'innalzamento dell'età pensionabile con la Fornero ha solo ritardato l'uscita dal mondo lavorativo ma ora è arrivato il fatidico momento nel quale il numero dei pensionati sarà maggiore del passato, da qui la facile ricerca della previdenza alternativa come soluzione al problema: i lavoratori si auto tassino per coprire i tagli alle pensioni.

Nei prossimi tre anni i conti pubblici avranno un disavanzo maggiore pari a 3,2 miliardi in virtù dell'adeguamento Istat dei trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, del rinnovo dei contratti pubblici rinviato di un anno ma ormai alle porte.

Le conseguenze della guerra si fanno sentire in termini di rincaro dei generi alimentari (più 8,3%) e dei prodotti energetici, erosione del potere di acquisto di salari e pensioni, tagli alla sanità che non permettono il turn over degli operatori, lasciando gli ospedali in situazioni caotiche. Sarebbe sufficiente ricordare quanti medici di base andranno in pensione da qui a tre anni per capire come l'emergenza sanitaria rappresenti ancora un problema rilevante con uno Stato incapace perfino di rimuovere il numero chiuso nelle facoltà per accedere a corsi di laurea infermieristici o di medicina.

E intanto i “redditi da lavoro dipendente”, ossia gli stipendi dei tre milioni di dipendenti pubblici, risultano tanto in calo a livello nominale (188,7 miliardi quest’anno e 186,6 miliardi il prossimo), e tanto più in termini di potere d'acquisto, quanto in rapporto al Pil (dal 9,2 all’8,8%). Eppure, si continua a parlare di spesa pubblica eccessiva e fuori controllo.

E allora spenderemo meno per il pubblico, magari sottoscrivendo contratti nazionali per 3,2 milioni di dipendenti della Pubblica Amministrazione senza recupero alcuno rispetto al costo della vita, ci affideremo a sanità e previdenza non pubblica per risolvere problemi a lungo insoluti, e a quel punto rientreranno magari le obiezioni dei sindacati responsabili e rappresentativi che sono parte integrante dei dispotici sistemi sanitari e previdenziali integrativi.

Ben venga lo scostamento di bilancio ma le risorse in deficit, pari a 3,2 miliardi nel 2023, nelle tasche di chi finiranno?

Senza dubbio non in quelle della forza-lavoro ma piuttosto di quanti hanno già accumulato enormi profitti mentre i salari cadevano a picco.

E per giustificare questa operazione ben vengano, si fa per dire, i richiami xenofobi di quanti grideranno ai quattro venti che il deficit è causato dagli sbarchi senza controllo di migranti mentre l'Ue ha nel frattempo abbandonato al loro destino i paesi mediterranei.

In Grecia stanno approvando una legge draconiana sul lavoro che prevede orari giornalieri di 10 ore, con facoltà del lavoratore a cui la paga non basta, di aggiungere al tempo pieno un secondo impiego, l'aumento della età previdenziale oltre i 70 anni e carcere in caso di picchetti in occasione di scioperi. Sono le ricette neoliberiste imposte al paese dopo averlo affamato per anni.

Dalla nota di accompagnamento del Ministro Giorgetti si evince che mancano ancora i soldi per il taglio al cuneo fiscale sul lavoro nel 2024 (costo 9 miliardi), per attuare la riforma fiscale” (l'anticipo della flat tax con l'aliquota Irpef del 23% fino a 28mila euro di reddito avente un costo pari a circa 4 miliardi) fino alle nuove misure a sostegno della genitorialità.

E visto che i soldi non ci sono, aumentando il deficit previsto dovranno pur sempre rispettare i vincoli del Patto di Stabilità (per contenere la spesa corrente) e allora, in attesa della trattativa con Bruxelles meglio pensare alle ennesime privatizzazioni, alla svendita del patrimonio pubblico, come già annunciato da alcuni ministri.

Da: www.lacittàfutura.it

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