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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Quarantanove anni fa l’assassinio di Mario Lupo: un giovane partigiano degli anni settanta

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Sono passati 49 anni da quella sera del 25 agosto 1972 in cui una squadra di neofascisti aggredì a Parma due compagni, ferendone gravemente uno e colpendo a morte Mario Lupo, militante di Lotta Continua.

Quest’omicidio va collocato dentro un contesto generale segnato dalla presenza di robusti movimenti nelle fabbriche, nelle scuole, nel sociale, che reclamano radicali cambiamenti sociali e politici. Questa domanda di trasformazione che si scontra con una forte azione repressiva portata avanti dai diversi corpi del comando capitalista con l’appoggio delle squadre neofasciste del Movimento Sociale Italiano attorno cui ruota una galassia di gruppetti di picchiatori e bombaroli nazifascisti.

L’obiettivo di questi ultimi è chiaro: da un lato arginare l’onda lunga del ’68-’69, del “secondo biennio rosso” italiano e spezzare quella ricomposizione politica di classe, dall’altra parte si tratta di imporre una svolta autoritaria al quadro politico-sociale, quella che i compagni di allora chiamano la “fascistizzazione dello Stato”.

Siamo in presenza del dispiegarsi della “strategia della tensione”, messa in atto a partire dalle bombe del 12 dicembre, dall’attentato di Piazza Fontana sul finire dell’”autunno caldo” a cui seguono una miriade di pestaggi, intimidazioni, minacce, violenze diffuse.

È il disperato tentativo di costringere sulla difensiva l’azione collettiva che sta conquistando spazi di contropotere dentro le fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, di imporre un terreno arretrato rispetto agli obiettivi dell’egualitarismo, della riappropriazione della ricchezza sociale, della costruzione di nuove forme di partecipazione e di decisione.

Mario Lupo, non ancora ventenne, è parte del proletariato migrante del periodo; primogenito di cinque figli emigra con la famiglia dalla Sicilia, prima in Germania per poi stabilirsi a Parma dove trova lavoro come piastrellista. La sua è una “morte annunciata”. Più volte minacciato, aggredito un mese prima, insultato ed aggredito nel pomeriggio stesso da squadristi del Msi (simpatizzanti di Ordine Nuovo, i confini fra desta parlamentare ed extraparlamentare sono molto tenui) che lo assassineranno nella serata all’uscita dell’allora Cinema Roma in via Tanara.

Parma è un “investimento politico” del neofascismo italiano; fin dal ’68 è considerata un laboratorio politico dalla destra neofascista. Governata dalla Liberazione da “giunte rosse” e con un forte tessuto sociale antifascista, Parma viene scelta per sperimentare le reazioni dei compagni alle provocazioni e alle aggressioni, per questo ha un preciso sostegno dalle strutture neofasciste esterne alla città. Inoltre la sua collocazione geografica consente facili e rapidi collegamenti con le altre località del Nord. Parma è poi una città con un valore simbolico notevole: qui nell’agosto del ’22 poche centinaia di Arditi del Popolo nei quartieri dell’Oltretorrente sono protagonisti di una resistenza che costringe migliaia di camicie nere, agli ordini di Balbo e Farinacci, a ritirarsi.

Lo stesso giornale di Lotta Continua, quando diventa quotidiano (l’11 aprile del 1972), pone nella testata una foto delle barricate parmensi del 1922.

Nel 1922, in occasione dello sciopero generale, dichiarato per il 1° di agosto, l’ondata di violenze fasciste è preceduta da un discorso di Mussolini in parlamento:

“Il Partito Nazionale Fascista concede quarant’otto ore di tempo allo stato perché dia prova della sua autorità. Trascorso tale termine, i fascisti rivendicano la piena libertà per impedire, con ogni mezzo, lo sciopero generale”.

Nel 1972, prima di agosto, il “Fucilatore” repubblichino, Giorgio Almirante, segretario del Msi, in un comizio a Firenze dichiara che, qualora non intervenga lo Stato, i giovani del suo partito sono pronti “allo scontro frontale con i comunisti”. L’analogia, a 50 anni di distanza, è evidente.

Lotta Continua quotidiano non esita a collegare la violenza squadrista di Parma con il governo Andreotti, che non rifiuta l’appoggio del Msi:

“Con la copertura di Andreotti su mandato di Almirante, i fascisti ammazzano vigliaccamente. L’assassinio di Parma non può essere addebitato solo al gruppetto di delinquenti che lo ha eseguito.

Né la responsabilità del boia Almirante può essere indicata solo come complicità morale (…) si tratta senza possibilità di dubbio dell’esecuzione di un programma criminale che Almirante propone e dal quale Andreotti tiene bordone”.

Lotta Continua ha una presenza radicata nella cittadina emiliana ed è in prima linea nel contrasto allo squadrismo attraverso l’antifascismo militante. Nella sua pratica di vigilanza e controinformazione predispone, pochi mesi prima dell’assassinio di Mario Lupo, un dossier che puntualmente denuncia la rete organizzativa neofascista nella città, le aggressioni dal ’68 al ’72, il flusso di militanti di destra verso Parma, i finanziamenti, anche da parte di camerati stranieri.

Il 26 agosto si tiene un comizio unitario di tutte le forze antifasciste. Una grossa risposta viene organizzata dalle forze della sinistra rivoluzionaria per domenica 27 agosto, migliaia di compagni sfilano in corteo per la città, si dirigono vero la sede del Movimento Sociale e la distruggono, concludendo il corteo di fronte alla casa di Guido Picelli, la guida degli Arditi del Popolo nell’agosto del ’22. I funerali si tengono il lunedì 28 in una città bloccata dallo sciopero generale dichiarato dai sindacati: decine di migliaia di persone si muovono fra i lati di una folla che saluta Mario Lupo con pugni chiusi e bandiere rosse esposte alle finestre.

Mario Mupo è nella nostra memoria più radicata e profonda, è parte della nostra storia viva.

Ha vissuto per il comunismo,

È morto per il comunismo!

Fare un giornale ai tempi di Marchionne e Monti

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