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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Non possiamo che odiarli

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In queste fredde settimane invernali, costellate da un susseguirsi di perturbazioni artiche e delle continue giravolte del coniglio padano in felpa verde, la classe imprenditoriale italiana ci ha ricordato ancora una volta perché non possiamo non odiarla.

Nelle scorse settimane il Sole 24 ore ha proposto a tutta pagina un’intervista a Alberto Bombassei, padrone della Brembo, già deputato nella scorsa legislazione eletto tra le fila di Scelta Civica, candidato in passato alla presidenza di Confindustria e membro nel corso degli anni di una mezza dozzina di Consigli di Amministrazione di imprese come Pirelli, Atlantia etc. Mentre per i comuni mortali trovare un lavoro è un’impresa titanica, a cui spesso è necessario affiancare lavoretti quali consegne a domicilio o servizi di pulizia per case e condomini, i padroni arrotondano sedendo, spesso poco e malvolentieri, sugli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama (quindicimila euro al mese), e partecipando un paio di volte l’anno a vari Consigli d’Amministrazione previo pagamento di lauti gettoni di presenza. Ma tant’è, la divisione in classi è un retaggio avvelenato del novecento, e Bombassei senza il minimo senso di pudore può affermare “io sono un metalmeccanico”.

A riprova della sua appartenenza alla classe operaia, l’intera conversazione veniva condotta da tale Paolo Bricco nel modesto ristorante bergamasco “da Vittorio”, tre stelle Michelin, conosciuto per la sua “cucina tradizionale, elitaria e non ancora condizionata dalla plebe televisiva” (sic!).

Tra un bicchiere di Grignolino del Monferrato Casalese Vigne Vecchie Bricco Del Bosco Accornero del 2014 (sembra sia un vino e non una supercazzola nda) e l’altro il buon Bombassei si lascia andare comunque a una serie di interessanti considerazioni: l’Italia e l’Europa sono indietro nello sviluppo di modelli elettrici e il rischio è che il mercato dell’auto sposti irreversibilmente il proprio asse verso Stati Uniti e Cina. Insomma la prospettiva e’ plumbea per l’industria dell’auto ma questo non può guastare una cena tra vecchi amici.

E allora dopo aver affrontato il “risotto alle castagne, pancia di maialino e riduzione di moscato di Scanzo” il
nostro si lascia andare ai ricordi dei bei vecchi tempi, in cui “perfino noi faticavamo ad arrivare a mese”, ma grazie a uno “studio matto e disperatissimo” e all’indefessa operosità sono riusciti a aprire una piccola azienda poi diventata un colosso. Evidentemente inebriato dal vino e dai vecchi ricordi, ammette che oggi non sarebbe possibile una simile epopea (Marx aveva esaurientemente spiegato il fenomeno in termini di centralizzazione del capitale circa 150 anni prima nda) ma non sta bene concludere una cena così sontuosa senza una nota di speranza.

E allora, poco prima di arrivare al dolce non manca il peana in favore di Industria 4.0; solamente abbracciando questo paradigma industriale, sviluppato in Germania, è possibile salvare l’Italia e l’Unione Europea, con buona pace per i populisti cattivi e la plebaglia che guarda con favore ai gilet gialli. Trasformare il paese in un fornitore di componentistica per le aziende tedesche (esattamente come la Brembo di Bombassei) è l’unico orizzonte possibile per il Belpaese. Poco importa che questa condizione di vassallaggio comporti una totale subalternità alle decisioni di Berlino. L’ inevitabile competizione con i paesi dell’Est Europa si giocherà sulla pelle dei lavoratori, a suon di riduzioni di costi (salari) e ricerca della massima efficienza(flessibilità e riduzione di manodopera). L’essenziale è restare a galla, magari a costo di rinunciare definitivamente al rilancio del meridione, troppo lontano e difficilmente integrabile in una filiera industriale improntata al just in time. Al Sud, sembra dirci il cattolicissimo Bombassei, penserà in qualche modo l’Onnipotente.

Terminata la cena, immaginiamo che il “metalmeccanico” Bombassei e il suo compare giornalista siano rientrati nelle rispettive ville, compatendo un po’ il popolino costretto ad affollare pizzerie, ristoranti cinesi e Kebab per godersi comunque una serata di libera uscita.

Certo, gli spunti dell’intervista meritano una riflessione, ma forse ancor di più dovrebbero suscitare quel sano odio di classe, che tradotto in prassi politica può tornare a far abbassare la cresta ai padroni del mondo.
 

Lorenzo

Redazione Pisana Lotta Continua

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