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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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La sconfitta di Trump e le contraddizioni di un sistema irriformabile

Fuck-trump-fuck-biden_per-sit_20201110-111414_1 Striscione di protesta esposto a New York City

Donald Trump esce sconfitto dalle presidenziali Usa, superato nel conteggio dei grandi elettori e del voto popolare da Joe Biden, centrista democratico senza qualità ed ex vicepresidente di Obama. Dopo quattro anni, i democrats tornano alla Casa Bianca, coltivando l’illusione di poter chiudere l’esperienza Trump come un incidente di percorso.

Le piazze Usa di queste settimane ci ricordano però che le contraddizioni della società statunitense non possono più essere racchiuse o pacificate dalla placida alternanza al potere tra democratici e repubblicani. La pandemia, che ha sconfitto Trump e la sua narrazione imperniata sui successi economici della sua amministrazione molto più dell’ectoplasma Biden, ha evidenziato i limiti di un modello economico iper-competitivo che funziona per pochi, mentre condanna un numero crescente di persone alla povertà. Sono bastati pochi mesi di lockdown per mandare a gambe all’aria la prima economia del mondo. File interminabili di persone middle class continuano ad affollare le mense gratuite, mentre i super ricchi statunitensi hanno aggiunto 637 miliardi di dollari al loro patrimonio nei mesi di chiusura forzata. Dubitiamo che la nuova amministrazione democratica sia interessata a cambiare questo stato di cose, considerando i 74 milioni di dollari di donazioni versati da Wall Street per la campagna di Biden, molti di più di quelli destinati a Trump.

La situazione non sembra migliore sul fronte razziale. Joe Biden è stato tra i principali fautori dell’infausto crime bill del 1994, pietra miliare della criminalizzazione e incarcerazione di massa delle minoranze di colore. La stessa vicepresidente eletta Kamal Harris, durante il suo mandato come attorney general della California, ha perseguito politiche di tolleranza zero nei confronti di reati minori come quelli legati al possesso di marijuana. La polizia Usa, militarizzata e finanziata lautamente dalle vaie amministrazioni cittadine, continua a godere di un potere di vita e morte sulle persone di colore e sugli abitanti delle periferie, in barba alla fede politica dell’inquilino di turno della Casa Bianca. Il complesso militar industriale, che comprende polizia, esercito, agenzie di sicurezza federali e complessi carcerari, gode di protezioni istituzionali e legali che non sembrano risentire più di tanto dagli indirizzi presidenziali.

A livello di politica estera, Biden sembra intenzionato ad un approccio più pragmatico e incline al multilateralismo. Ma al netto delle formule scelte, sempre di imperialismo si tratterà. La lotta contro la Cina, la militarizzazione dell’Europa in funzione anti-russa e la guerra ai socialismi dell’America latina continueranno, seppur con toni diversi. È probabile che gli Usa con Biden rientrino negli accordi di Parigi sul cambiamento climatico, ma non bisogna dimenticare la sua opposizione alla messa al bando del fracking e misure che in qualche evitino la distruzione della terra.

In conclusione, in Usa si festeggia più per la cacciata di Trump che per la vittoria di Trump. Le masse popolari Usa, disilluse da decenni di promesse mancate, hanno imparato che solo continuare organizzandosi in autonomia, come mostrato in questi mesi dal movimento Black Lives Matter, possono ottenere vittorie significative.

Lorenzo

Redazione pisana Lotta Continuav

Alle case popolari di Pisa serve manutenzione urge...
In risposta a Cacciari: chi se la prende con i lav...

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Commenti 1

Ospite - Gabriele il Martedì, 10 Novembre 2020 15:51

Il concetto di democrazia statunitense non sarà mai paragonabile a quello europeo

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