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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Smart o non smart? Chi ci guadagna e chi invece ci rimette.

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Se prima della pandemia i lavoratori\trici agili erano circa 600 mila in futuro saranno 5 milioni?

Difficile dirlo, ad esempio nella Pubblica amministrazione nessuno aveva previsto il dietro front di tante amministrazioni che ormai destinano alla modalità agile solo una piccola parte del personale, soprattutto i soggetti fragili per i quali la presenza nei luoghi di lavoro rappresenterebbe un reale rischio per la salute e sicurezza.

Prendiamo atto sia della infatuazione attorno allo smart ma anche della incapacità di tante amministrazioni di ripensare la macchina organizzativa con una parte dei dipendenti in smart rivendendo alla occorrenza anche i piani della performance, gli obiettivi e le micro\macrostrutture.

Per quanto concerne il lavoro pubblico i prossimi contratti potrebbero essere costruiti per offrire le risposte fino ad oggi assenti e non nell'ottica di migliorare le condizioni di vita e di lavoro, di accrescere il potere contrattuale e di acquisto dei salari, i contratti sono ormai pensati per favorire i processi divisori tra il personale e la gestione flessibile degli orari e della forza lavoro.

Si pensa ad esempio a commissioni ad hoc per favorire lo smart working da costruire con i sindacati firmatari di contratto esautorando, come già accaduto, le Rappresentanze sindacali unitarie.

 Si tratta, sempre nel pubblico, di liquidare definitivamente il telelavoro, di stabilire un rapporto individuale con il singolo lavoratore e i rapporti di forza saranno solo a favore del datore.

Il telelavoro prevede maggiori tutele e la diretta partecipazione del datore a garantire postazioni ergonomiche, a fornire strumenti di lavoro, a contribuire economicamente alle spese sostenute operando da casa.

Il lavoratore in smart è per sua natura lontano anni luce da problematiche collettive e sindacali, è in teoria un lavoratore flessibile e senza orari, una volta garantito, in teoria, il diritto alla disconnessione, rappresenta un vantaggio economico e permette al capitalismo della sorveglianza strumenti di controllo ancora più efficaci di quelli possibili in presenza.

Numerose imprese private sembrano più attrezzate rispetto al pubblico nella gestione dello smart, si parla di metà settimana lavorativa in modalità agile, non avremo forza lavoro a casa 5 giorni su sette ma almeno 2\3 giorni alla settimana il che consentirà alle aziende di risparmiare sui costi delle utenze, sui buoni pasto assegnando obiettivi a progetto da raggiungere a prescindere dalla malattia , dagli infortuni o da altri impedimenti derivanti da inefficienze nella organizzazione del lavoro.

Il lavoratore in smart prende meno permessi di quello in presenza, queste considerazioni sono da tempo oggetto di studio e di analisi di Osservatori ben pagati dalle associazioni datoriali.

Quanto poi al pericolo infortuni sarà sufficiente inviare per e-mail la circolare Inail senza guardare a tutti i disturbi provocati dalla permanenza al pc per gran parte della giornata.

Oggi gli strumenti informatici consentono anche di controllare se un lavoratore è connesso e in produzione, ci sono algoritmi e sistemi di controllo che sfuggono a qualsiasi regolamentazione, ecco perché il diritto alla disconnessione verrà concesso e presentato come una conquista.

E in futuro, terminata l'emergenza pandemica, arriveranno anche accordi individuali come previsto dalla legge del 2017, accordi che potrebbero rappresentare un autentico boomerang per la forza lavoro e il suo potere contrattuale.

Il sindacato rappresentativo è ormai prono allo smart working e si accontenterà di esigere dai datori qualche normativa a tutela della sicurezza senza guardare invece alle nuove malattie provocate dal lavoro agile, di questo si renderanno conto tra qualche anno quando i danni saranno tali da indurre tutti a correre ai ripari.

Lavorare in smart conviene anche perché gli infortuni nell'ultimo anno sono aumentati del 14 per cento mentre invece per chi opera in presenza infortuni e morti sul lavoro sono in pauroso aumento.

Ad esempio, gli infortuni in itinere sono diminuiti del 38% tra smart e ammortizzatori sociali con un vistoso risparmio capitalizzato dall'Inail.

Siamo alquanto scettici sulla revisione dei documenti di valutazione del rischio che ad oggi sono sovente astratti e piegati a procedure che all'atto pratico si sono dimostrate inefficaci (un po' come accaduto con certe direttive anti covid)

Ricordiamo che la legge sullo smart non prevede vincoli orari e di luogo lavorativo, non esiste alcun rimborso per le spese sostenute e nella Pubblica amministrazione non vengono riconosciuti i buoni pasto (come se il lavoratore agile digiunasse). Gli obblighi del datore di lavoro nel caso dello smart sono assai ridotti rispetto a chi opera in presenza. Si punta tutto sulla autoresponsabilità del lavoratore, sulla sua prestazione a progetto, su prestazioni che non rispetteranno la attuale declaratoria sui profili professionali che i sindacati rappresentativi si sono già detti disponibili a modificare

Alla luce di queste considerazioni chi guadagna dallo smart? I datori di lavoro, senza dubbio alcuno.

Redazione pisana di Lotta Continua. Da: http://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

 

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