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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Primo marzo. Uno spettro si aggira per l’Europa: il proletariato migrante.

Primo marzo. Uno spettro si aggira per l’Europa: il proletariato migrante.

Per il primo marzo prossimo la "Piattaforma dello sciopero sociale transnazionale" ha lanciato una giornata di mobilitazione delle migranti e dei migranti. Un appuntamento che porterà la questione delle migrazioni nelle piazze di molti paesi europei: dalla Polonia alla Francia, dalla Germania al Regno Unito, dalla Svezia all’Italia, fino a coinvolgere i paesi interessati dal flusso dei profughi lungo la rotta dei Balcani. Nel nostro paese le piazze interessate saranno sicuramente Bologna, Milano, Roma

La tempesta scatenata dai migranti che stanno dilagando oltre i confini degli Stati sta mettendo in crisi i fondamenti e le istituzioni dell’Unione Europea, forse più ancora della crisi greca. I soggetti migranti ci indicano la necessità di essere all’altezza di una lotta che deve dispiegarsi su uno spazio pienamente europeo, organizzando una insubordinazione nei confronti della mobilità forzata, della precarizzazione generalizzata, delle politiche delle destre razziste, delle guerre neocolonialiste.

Negli ultimi mesi la propaganda dei centri che governano la mobilità ha introdotto nuove divisioni e nuove gerarchie. Alla contrapposizione fra locali e immigrati, su cui prosperano le nuove destre, si è aggiunta la divisione fra “migranti economici” e “rifugiati”, dietro cui si nasconde l’opposizione fra migranti buoni e migranti cattivi. Questo rientra nell’opera sistematica del sistema che scompone tutto il proletariato in lavoratori stabili, precari, disoccupati, in migranti regolari, migranti senza permesso di soggiorno, migranti stabili, migranti precari che sono sempre prossimi al confine che li porta a diventare “irregolari”, quindi clandestini, quindi comunque “delinquenti” secondo le leggi dei governi di centro-destra-sinistra.

Per noi l’irrompere dei flussi migratori non è un problema distinto dalla crisi di capacità di governo da parte del sistema. Così come la condizione del migrante non è separabile da quella dei proletari europei, né la tragedia dei profughi può essere disgiunta dalle guerre che infuriano in Medio oriente e in Africa.

Nella realtà la condizione del migrante sempre più si intreccia in diversi punti con la situazione del moderno proletariato europeo. Sul piano lavorativo l’esperienza del migrante rimanda ad una condizione sempre più diffusa, perché la “cittadinanza” non garantisce il fatto di poter godere di servizi e diritti, avere un contratto di lavoro non assicura un salario dignitoso, la precarietà e il rischio sono vissuti generalizzati e non specifici dell’immigrato.

Il dispositivo della “mobilità” si estende ad una platea sempre più ampia. Gli spostamenti territoriali tornano a coinvolgere i giovani di diversi paesi europei, italiani in primo luogo. La mobilità lavorativa ha subito una forte accelerazione negli ultimi anni aggredendo anche quegli spazi di lavoro stabile. La destabilizzazione della stabilità, che ha contraddistinto le politiche dei rapporti di lavoro, ha prodotto un’accresciuta esposizione al rischio e all’insicurezza che colpisce fasce sempre più ampie di lavoratori europei.

Quella che governi e mezzi di informazione hanno etichettato come “emergenza immigrazioni”, a sua volta, non è altro che un segmento di un dispositivo emergenziale che è diventato un modo generalizzato per governare l’odierna profonda e lunga crisi del sistema.

Per l’immigrato la condizione di precarietà è doppia: oltre a essere riferita al contratto di lavoro e al bisogno vitale del salario, coinvolge tutta la sua vita. La dimensione del ricatto è una parte concreta del suo vissuto dal momento in cui si deve misurare con gli apparati di controllo del territorio, con le richieste sul posto di lavoro, con le pretese del padrone di casa. La condizione della clandestinità, l’esistenza stessa del reato di clandestinità, realizza una funzione di ricatto in quanto è la possibilità reale in cui il migrante “regolare” può cadere quando rifiuta di sottomettersi alle condizioni di sfruttato che gli sono assegnate. Clandestinità significa illegalità, quindi internamento nei CIE ed espulsione. Ma il dispositivo del ricatto è una delle norme che il sistema ha rafforzato per affrontare la sua crisi. La perdita del lavoro è un rischio generalizzato: il padrone non guarda al colore della pelle dei suoi sottoposti.

A fronte di un livello di sfratti che non ha precedenti nella storia della Repubblica, il diritto all’abitazione è anch’esso un tratto che accomuna vecchi e nuovi europei.

Per tutti questi motivi il confine fra italiani e immigrati, che pure esiste, è molto sottile. Il lavoro e la condizione del migrante, pur avendo tratti specifici, in diversi casi solo apparenti, esprimono una condizione generale del proletariato europeo.

Diventa necessario superare in fretta l’idea diffusa che vede nel migrante solo un segmento debole della moderna composizione del proletariato che va protetto. La sua figura mostra il volto brutale dello sfruttamento moderno e del comando sulle vite delle persone che, sia pure in modi diversi, colpisce tutti. Inoltre le lotte degli ultimi anni, dalla rivolta di Rosarno ai conflitti che da anni attraversano il settore della logistica, hanno visto come protagonisti gli immigrati. Il proletariato migrante va assunto come portatore di ricchezza e di forza, andando oltre un approccio genericamente pietistico e il doveroso umanitarismo dell’accoglienza. Il tema della “libertà”, che viene rimesso in campo nella richiesta di potersi spostare alla ricerca di opportunità di vita, va raccolto e rilanciato sotto forma di liberazione dalle catene di questo sistema.

Auspichiamo che il 1° di marzo veda anche le piazze italiane riempirsi di migliaia di migranti, di antirazzisti, di lavoratori italiani, di studenti, di precari e di disoccupati, perché i bisogni dei migranti sono quelli di tutti. Per l’abolizione dei CIE e del reato di clandestinità. Perché il nostro fronte deve essere unificato. Per un nuovo internazionalismo.

“Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà!”

 

Dal 1994 abbiamo capito di avere i nostri diritti ...
Le foibe tra mito e realtà
 

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