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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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In piazza a Pisa contro il 41 Bis e per uscire dalle leggi dell'emergenza.

41bis

In piazza a Pisa contro il 41 Bis e per uscire dalle leggi dell'emergenza.

Come redazione di Lotta Continua abbiamo intervistato gli animatori del presidio contro il 41 bis per parlare di repressione e leggi emergenziali attraverso un microfono aperto.

Domanda: perché un microfono aperto?

Risposta: Per due ragioni semplici, la prima è che nessuna area politica deve impossessarsi di un tema sul quale da tempo in pochi lavorano e contro corrente, parliamo di carcere, repressione, leggi emergenziali, 41 bis e istituzioni totali. Sono temi che vanno affrontati insieme perché colpiscono o investono tutti/e indistintamente, per questa ragione abbiamo bisogno del contributo di giuristi, militanti, attivisti sindacali o antiproibizionisti, delegati sindacali e quanti sperimentano sulla loro pelle le istituzioni locali e il loro potere. La seconda ragione è dettata dal fatto che bisogna superare le logiche di bandiera, si può organizzare un presidio anche ricorrendo a piattaforme nazionali, ma senza capacità di dialogo con le realtà che su determinati temi si muovono, pur in ordine sparso e con approcci diversi. Allora l'idea del microfono aperto nasce dalla necessità, dalla urgenza, di riprendere un confronto e una mobilitazione su questi temi, lo sciopero della fame di Alfredo, per settimane ignorato da tanti/e, rappresenta una occasione importante oltre alle sue condizioni di salute preoccupanti che destano la nostra preoccupazione

D.: parlate di approcci diversi, cosa intendete?

R.: La tendenza diffusa negli ultimi anni è stata quella di parlare solo della repressione non tout court, ma solo quando colpisce la propria area politica o sociale. Se oggi esiste consapevolezza sulla violazione dei diritti umani all'interno delle carceri italiane  , questa consapevolezza appartiene ancora ad aree ristrette della società.

Ricordiamo le campagne contro l'Ospedale psichiatrico giudiziario, contro le morti nelle caserme e nelle carceri, la battaglia per la verità della famiglia Cucchi, le denunce sulla condizione disumana dei migranti nelle strutture semi carcerarie dove rinchiudono i clandestini, questi percorsi hanno rotto il muro del silenzio attorno alle istituzioni totali, noi dovremmo allargare ulteriormente le maglie di questa rete

D.: Veniamo ai contenuti

R.: In Italia non siamo mai usciti dall'emergenza, leggi speciali sono divenute ordinarie, dalla Reale alla Cossiga fino a tutte le norme carcerarie che dovrebbero essere temporanee, ma invece rappresentano un regime carcerario permanente e senza fine.

Anche i difensori della Costituzione vedono solo una parte della Carta, mai che riprendessero l'articolo 27 sulla umanità della pena, sui principi di rieducazione e reinserimento sociale che nella ottica borghese dovrebbero partire dalla lotta al sovraffollamento degli istituti di pena per garantire al loro interno condizioni dignitose (mancano centri medici, assistenti sociali, figure formative per il lavoro). Il carcere è lo specchio della società, tanto maggiore sarà la barbarie dietro le sbarre, tanto più cresceranno emarginazione sociale ed economica delle classi subalterne fuori dalle sbarre.

D.:  Torniamo per chiudere su Alfredo Cospito

La “disposizione finale e transitoria” della Legge 354 del 1975 doveva regolare “la sospensione degli ordinari trattamenti in casi eccezionali, di rivolte o di altri gravi situazioni di emergenza”. Ebbene questa disposizione è ormai fuori controllo applicata anche a detenuti politici come Cospito a cui contestano il reato di strage che invece non è stato tirato in ballo per le vere stragi degli ultimi decenni. Cospito non ha commesso omicidi.

Il 41 bis e il 4 bis sentenziano la morte sociale del detenuto e alla occorrenza vengono utilizzati contro quanti sono ritenuti pericolosi per il potere statale.

Solo nell’ultimo anno ci sono stati ben 203 morti e 84 suicidi nelle carceri italiane, alcuni detenuti sono già morti, senza clamori mediatici, per sciopero della fame, ben 4 tra il 2009 e il 2020. 

Vorremmo chiudere con quanto scriveva un decennio fa la Prette in un libro edito da Sensibili alle Foglie: “c’è il carcere per dei “gruppi sociali a rischio”, per figure virtuali, costantemente ridefinite e ridefinibili (un giorno sarà la mafia, un altro la camorra, un altro ancora la ‘ndrangheta, un altro gli anarchici e poi ancora gli zingari, i comunisti, in una serie infinita di corsi e ricorsi della storia). […] [D’altra parte] per il Terzo Reich erano “pericolosi socialmente” i pacifisti, in quanto mettevano in discussione la guerra”

Queste sono le ragioni per le quali ci siamo mobilitati con un microfono aperto e continueremo a farlo nei prossimi mesi.

 

A cura della redazione pisana di Lotta Continua

 

Lavoro in nero.
Un altro 15 febbraio di Franco Berardi Bifo

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